Amore e libertà

Nel suo “Amore e Libertà”, Osho ricorda come noi siamo per lo più restii a riconoscere l'altrui libertà. Per lo più siamo inclini a fare degli altri dei nostri prigionieri. Abbiamo inconsapevolmente fissato delle leggi, norme di condotta, molteplici varianti di buone maniere, elenchi interminabili di cose che si possono fare ma soprattutto di cose che non si possono fare, dire e neppure pensare. Chi contravviene a queste leggi viene esiliato dal nostro regno o, nel migliore dei casi, costretto a scontare pene riabilitative.


Siamo secondini che tengono in scacco eserciti di prigionieri. A ben vedere non v'è persona la cui libertà non ci abbia irritato almeno una volta.
Ma come trascorre la propria esistenza un secondino?
Per lo più dietro le sbarre, lontano dalla luce, privato della sua libertà forse ancor più dei propri prigionieri. Il colpevole di reato chiuso dietro le sbarre di una cella gode per lo meno della libertà conferitagli dal non avere alcun tipo di responsabilità. Il secondino è tenuto prigioniero dall'obbligo di far rispettare le stesse regole che egli ha da imporre. Ed è prigioniero delle norme societarie da cui il detenuto ordinario è dispensato.

Ma perché non consentiamo all'altro di essere? Osho ci risponde che è poiché noi stessi non siamo. Interpretiamo esistenze scandite al ritmo di innumerevoli regole: comportamenti codificati a cui non oseremmo mai disobbedire. Inconsapevolmente applichiamo regole nel nostro parlare, nei comportamenti e persino i nostri pensieri devono rispondere a norme ben precise.
Poi ci sono quelli che improvvisamente si accorgono di quanto apparente sia la propria libertà e in tutta fretta si precipitano a frequentare un corso di risveglio che spezzi le catene dei condizionamenti. E giunti al cospetto del sedicente maestro chiedono consigli e nuove REGOLE per liberarsi dalle antiche.
E così si sentono rinati e rinnovati!
Non è così facile rinunciare alle proprie leggi: disobbedire, disobbedirsi. Non è così facile essere liberi. La libertà implica innanzi tutto il coraggio di assumersi la responsabilità della propria vita. Norme e regole sono confortanti poiché demandiamo loro ogni carico di responsabilità: “come faccio a rifiutarmi di accompagnare mia suocera dal dottore? Non posso mica farlo! Non è carino!”; “avevo capito che le sue erano solo scuse ma non potevo dirglielo in faccia davanti a tutti!”. E' la norma a cui abbiamo giurato fede a regolare le nostre condotte. Non c'è di fondo una scelta individuale: demandiamo al buon senso, talvolta all'atteggiamento dominante nell'ambiente di riferimento, la responsabilità di decidere in nostra vece quale che sia il comportamento da tenere in questa o quell'altra situazione.
E così in ogni circostanza dobbiamo soltanto ricordare quale sia la regola da osservare: viviamo di memoria. Viviamo a memoria.
Subiamo l'imposizione di norme fin dai primi anni di vita: famiglia, scuola, religione, lavoro, società, amici, coppia... tutto ha delle regole. Il patto implicito è questo: “se vuoi far parte di noi devi rispettare queste leggi”. E noi barattiamo la nostra libertà in cambio dell'appartenenza, della schiavitù.
Attenzione: quella che sacrifichiamo spesso è la libertà di vedere chi siamo.


 Appena si entra a far parte di un nuovo ambiente (scuola, lavoro, circolo sportivo, etc) ci si imbatte immediatamente con le “consuetudini” del luogo. Ci vengono somministrate ancor prima di avere il tempo necessario per poter scegliere da noi stessi il comportamento desiderato. O meglio: siamo noi per primi a preoccuparci di scoprire al più presto quale siano le condotte più idonee da tenere in un certo ambiente.
Lo stesso facciamo noi nei nostri incontri ordinari: impartiamo regole implicite. E così una persona appena conosciuta non può prendersi la libertà di abbracciarmi e un vecchio amico dovrebbe essere disponibile se ho un momento di malinconia. Siamo stati vampirizzati e ora siamo diventati vampiri. Non tolleriamo più la luce. La libertà altrui ci irrita, almeno quanto la nostra. Ecco perché le nostre esistenze sono per lo più sbiadite: hanno perso la tinta del piacere.
Il piacere è la risultante del gioco senza regole: dell'esercizio della libertà. Avete mai assistito ai giochi dei bambini? I bambini inventano ripetutamente giochi liberi di cui fissano le regole solo dopo aver esercitato la propria libertà: “io corro e tu mi devi prendere. Non vale che mi hai preso: io ero sul gradino. Sul gradino non mi puoi prendere!” La regola viene fissata solo a posteriori, dopo aver affermato una propria libertà. Ed anche questa regola verrà infranta: “Cambio! Ho detto cambio quindi adesso ti posso prendere quando sei sul gradino e non ti prendo quando sei giù!”
La libertà è l'unica regola.


Identificati come siamo con tutte le regole e norme di condotta apparteniamo al mondo. Non ne facciamo parte: vi apparteniamo. Siamo in suo potere. E così finiamo per avvertire come nostra coscienza ciò che in realtà è solo il corpus di regole del mondo delle cose.
Ci teniamo ben strette le nostre prigionie. Siamo assai restii a concederci la libertà convinti che se disobbedissimo alle regole resteremmo soli poiché tutti i nostri conoscenti sono schiavi anch'essi: “se dicessi sempre, davvero, quello che sento e penso non avrei più amici!”.
E invece, da schiavi quali siamo, non possiamo nemmeno cogliere con lo sguardo la luce di quanti sono già liberi.
Non si tratta di abbandonare il mondo e rifugiarsi sulla cima isolata di un monte: si tratta semplicemente di vedere il condizionamento che ci intrappola e lasciarlo andare. Di non curarsi dei pensieri altrui su di noi; permettere agli altri di essere ciò che sono e goderci divertiti la nostra libertà.
I più attendono che giunga la libertà nelle loro vite prima di sentirsi liberi, così come attendono che arrivi il grande amore prima di amare. Libertà ed amore sono qualità dell'Essere: non si possono avere in quantità misurabili. Non si possono avere poiché sono ciò che siamo. La libertà non la si può possedere (non sarebbe libertà se fosse vincolata ad un possesso). Non c'è dunque da attendere. La libertà è ciò che sono: è essere ciò che sono.
Chi può privarmi di questo?
Soltanto io. Io ho la libertà di privarmi della mia libertà.
Respira: sei libero. Respira.


Osho: Amore e libertà. Bompiani 2000


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Sara Ascoli
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