Il labirinto e l'arciere (Conclusione)
Il
filo teso di Arianna è come se possedesse la facoltà di spianare
questo intricato quanto
sterile circuito di un pensare appassionato
e inconsapevole. Quando sei
preso
dentro al labirinto della tua
mente persino il vedere ti
è precluso. Potresti essere ad un passo dall'uscita e non
accorgertene. Ecco che il vivere in una modalità di pensiero
labirintica fa apparire l'esistenza come un eterno ritornare su se
stessa ove la retta via sembra inevitabilmente smarrita.
Storicamente
alla figura geometrica del labirinto vengono attribuiti poteri magici
proprio per questo suo alludere alla capacità di attraversare, di
andare oltre la propria mente, oltre i propri limiti. E quella
conoscenza che libera dalla trappola dei meandri è ciò che fa di un
semplice essere mortale un arciere sacro, futuro Mago.
Nel
corso del Medioevo la chiesa ha incominciato ad adottare il simbolo
del labirinto come emblema di un viaggio di fede e spiritualità in
cui al penitente si
richiedeva di non perdersi tra le tentazioni del male. La mente tutta
è una tentazione: seduce con i suoi familiari tranelli; accorda
consolazione ai pavidi, occupazione
agli indolenti. La mente è
una demoniaca affabulatrice e saper attraversare il labirinto
equivale a saper ritrovare la retta via: a ritrovare se stessi al di
là dell'identificazione con i propri pensieri.
Durante
il Rinascimento si sviluppa il “giardino degli errori”: un
labirinto vegetale che allude allo smarrimento dell'uomo preso tra la
vita e la morte. Alla
ciclicità proclamata dalla natura l'uomo sottrae il tempo erigendo
intorno a sé siepi sempreverdi.
È il suo tentativo di
sottrarsi alla morte e trattenere la vita dal suo incessante
movimento: è l'illusione dell'ego e la sua celebrazione. Questo
labirinto rinascimentale si offre molto al gioco tra realtà ed
apparenza, tanto da riempirsi di tranelli, finte, trappole ed
inganni.
E il gioco iniziatico del
Labirinto consiste proprio in questo. Dato che non si può
attraversare il labirinto della mente con la stessa logica che lo ha
creato, il saper uscire da questa illusione presuppone la rinuncia
alla tua ordinaria modalità di pensiero.
L'iniziazione di questa
tappa consiste nel prendere atto che con la logica ordinaria, quella
che domina il tuo abituale stato di veglia, non puoi che giungere
dinanzi al labirinto della tua stessa mente. Ciò che sino ad oggi
hai considerato un “pensare” a qualcosa, altro non è che la
rappresentazione della tua mente. Tu pensi di pensare, ma in realtà
non stai pensando. Qualsiasi cosa ingabbi la tua attenzione in una
logica consueta non fa altro che rappresentare l'emissario stesso di
quella logica: la mente – labirinto. Il pensiero comune ha, per lo
più, la sola funzione di rappresentare se stesso, celebrare se
stesso, nella forma labirintica dello smarrimento.
Eppure è soltanto quando
vedi finalmente dinanzi a te questo enorme groviglio di dedali che
puoi apprestarti a superarlo. Quando ti trovi, inconsapevole, preso
dentro l'intricata geometria della mente-labirinto non puoi far altro
che osservare la monotonia del paesaggio, questo ripetersi sempre
uguale a se stesso, privo di punti di riferimento per orientarti, e
prestare orecchio ad una voce (caspita: giureresti che si tratta
proprio la voce dei tuoi pensieri!) che tuona più o meno così:
“come faccio a sapere dove andare? Qui è tutto uguale. Mi sembra
di aver già fatto questo percorso! Ho
Ho l'impressione che
qualsiasi cosa io faccia resti sempre fermo sullo stesso punto. Non
posso far altro che abbandonarmi al destino... qui non dipende da me,
da quanto sono bravo o intelligente o coraggioso. . . qui è solo un
caso uscirne vivi e farcela oppure rimanere per sempre imprigionati
fra queste pareti. Come faccio ad essere certo che la mia scelta di
andare a destra o a sinistra sia quella esatta? Non dipende da me: il
percorso è stato già disegnato da un'altra Persona, ed è un
percorso obbligato. Il fatto di uscirne è solo questione di fortuna.
Tanto meglio non stremarsi a spremere le meningi”.
“Abbiamo un problema”,
“lasciamo tutto così com'è”: queste sono le sole due operazioni
su cui poggia la matematica della mente-labirinto.
Oppure, posto dinanzi al
groviglio dei dedali, puoi scegliere di rinunciare alla logica
ordinaria e provare a risvegliare l'Arciere che è in te nel
tentativo di mantenere te stesso libero dalla materia del bersaglio
e collegato alla spiritualità della volontà.
Scena tratta dal film
Labyrinth, anno 1996, diretto da Jim Henson.
Grazie di aver letto fin qui <3
Sara Ascoli
Sii Reale
Contattami al 3387503217
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