Il labirinto e l'arciere (Parte III)

L’arco è un’arma antichissima, diffusa in quasi tutte le civiltà e continenti. Forse ebbe origine con la caccia: emblematicamente l'arco e la freccia erano gli strumenti magici attraverso i quali l'uomo poteva prendere dalla natura ciò di cui aveva bisogno per nutrire se stesso e gli altri!
Ulisse ricorre all'arco e le frecce per purificare la sua dimora dai proci; grazie al tiro con l'arco Robin Hood diviene colui che libera gli oppressi.  


Nella Bhagavad-Gita è l’arma del guerriero Arjuna, il cui nome sta per “il puro”: il prode guerriero, nobile, generoso e bello; l'arciere supremo, privo di dubbi, dall'intento limpido, favorito dagli dei. Arjuna rappresenta l'io individualizzato, cosciente. Viene spesso raffigurato in piedi sul suo carro dorato, emblema del grezzo corpo umano, guidato da 5 cavalli, i 5 sensi. Più in basso Krishna auriga tiene strette le briglie: la mente imbrigliata che se messa nelle mani di Dio può esercitare il controllo sui sensi. Krishna è la coscienza o voce interiore che sa sempre, senza esitazioni o dubbi, cosa sia giusto fare o non fare. Ed è Arjuna che pone il Dio-coscienza a guida del proprio carro.
Senza la freccia, senza la guida del filo di Arianna, senza Krishna il guerriero-arciere è solo un lottatore: preda del bersaglio, poiché coinvolto personalmente nella passione dei propri sensi in lotta. Durante un corpo a corpo, un incontro ravvicinato, le due forze contrarie si affrontano sovrapponendosi. Alla rabbia dell'una risponderà l'odio dell'altra; alla ferocia della prima reagirà la brutalità di quella opposta; e così via. La lotta corpo a corpo che costringe la tua vita ordinaria ti trova già preda delle tue passioni: passivo (entrambi derivati dal latino pàti, patire). Il corpo a corpo che ingaggi con la tua esistenza fa si che tu sia preso personalmente nella lotta. L'avverbio personalmente esprime in una forma inequivocabile il tuo stato ordinario: stai facendo della mente-labirinto la tua persona. Sei senza uscita, perso all'interno di un intricato dedalo di passioni che ti condurranno direttamente tra le fauci del mostro.

L'arco e la freccia sono le armi dell'arciere-guerriero: dell'uomo che fa della vita l'esperienza in cui esercitare il libero distacco (intelligenza o vedere sacro) necessario ad indirizzare e scagliare la propria volontà (azione del cuore) arginando, nella tensione che precede il rilascio dello strale, il coinvolgimento delle passioni personali.
Eccoli cuore e vista sacri all'azione: non organi e funzioni del tuo corpo fisico, ma facoltà disciplinate a integrare la Coscienza.
Forse è anche per questo che l'apprendimento del tiro con l'arco rappresenta da sempre un'arte iniziatica.

Normalmente il tuo pensare è paragonabile ad un gomitolo aggrovigliato di cui hai smarrito il capo: davvero un po' come perdersi in un dedalo di ipotetiche deduzioni ed illusorie supposizioni nel mezzo delle quali alberga il mostro delle tue mortali paure: la bestia dell'Ego che vive al centro del tuo labirintico cervello.
E il minotauro, infatti (da minos, che in cretese stava per Re e taurus, toro), possedeva un corpo umanoide e bipede, ma si presentava feroce e selvaggio poiché dotato di una mente ed un cervello completamente dominati dalle passioni, dall'istinto animale, come animalesca era la sua testa da toro. Il minotauro del tuo pensare è quella “matta bestialità” che Dante incontra nel dodicesimo canto dell'inferno, precisamente nel girone dei violenti: è la parte istintiva e bestiale della mente umana che ci rende simili ad animali e ci fa inconsapevoli. L'animale agisce sempre per garantirsi la sopravvivenza, non si può accusarlo di condotte errate. L'uomo che attiva la propria mente solo per assicurarsi la sopravvivenza non può definirsi più nobile di una bestia.
Il minotauro è quella bestia, per metà uomo che chiede in pasto sacrificale sette fanciulli e sette fanciulle. E' il predatore che vive nella tua mente, è la tua mente predatrice che sacrifica il futuro, il mondo a venire, che divora possibilità di nuova vita; puoi sentirne il muggito selvaggio quando ha fame e ritiene una questione di sopravvivenza il saziare i propri bisogni.
Continua...

Grazie di ver letto fin qui <3

Sara Ascoli
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