La tecnica dei due minuti: tutti fuori dall'esaurimento
I nostri organi di percezione sono esausti.
Naturalmente gli organi della sensazione e della percezione sono in grado di sopportare una certa quantità di stimoli: oltre quella soglia scatta una sorta di stato di allarme a segnalarci che il nostro organismo sta usurpando le proprie riserve energetiche ed usurando i propri sistemi di adattamento all'ambiente.
Detto questo, una passeggiata nel centro caotico di una metropoli può risultare fin troppo aggressiva per i nostri organi di sensazione, percezione e invito all'azione. Siamo sottoposti a una moltitudine di stimoli: olfattivi, visivi, uditivi, cinestetici, di reazione, etc.
Lo stesso avviene di fronte ad immagini in movimento sullo schermo di un televisore, un PC o un telefonino: molti credono di concedersi pause di relax o godimento davanti ad un monitor mentre stanno soltanto sottraendo gli ultimi depositi di energie a capacità percettive e sensoriali magari già esauste.
Inoltre, sotto questo enorme carico di stimoli, non siamo in grado di riflettere. Non dico pensare, bensì riflettere.
Con riflettere si intende la facoltà di "flettere di nuovo" in riferimento all'angolo che i raggi solari fanno sulle superfici piane. In modo analogo, l'anima si comporterebbe come uno specchio (in alchimia questa è una delle tappe evolutive che attende ogni anima: l'albedo) o una superficie di acque tranquille, in grado di rimandare la Luce o a "piegare indietro" un'energia da cui si viene colpiti. Ogni oggetto viene colpito dalla luce, che in parte viene assorbita e in parte, in base alla sua forma e alla sua superficie, viene rimandata in un riflesso. Così vale per ogni anima e, quanto più ci si sia adoperati a renderla calma e limpida, tanto più sarà in grado di riflettere e illuminare.
In cosa consiste quella luce rimandata dall'anima? In pensiero che avvolge un oggetto e lo anima, appunto.
Ma cosa accade se la nostra superficie è costantemente offesa da un'overdose di stimoli?
"Troppa informazione uguale nessuna informazione" diceva Umberto Eco.
Ci troviamo, così, a fronteggiare un eccesso per il quale non siamo attrezzati. Si sviluppa, in tal modo, un meccanismo di difesa del nostro organismo che consiste in un'assuefazione all'eccesso di stimoli, passando prima per una dipendenza.
Le conseguenze sono:
✓la dimenticanza (l'attenzione e la memoria scartano una cifra considerevole di informazioni);
✓la ridotta sensibilità (necessaria a difendere un sistema offeso);
✓la ridotta vitalità (effetto dell'eccesso di stimoli che ha esaurito il sistema);
✓un limitato accesso a stimoli e risorse vitali e benefici (che spesso cadono fuori dalla ricezione ormai incapace di accogliere oltre);
✓egoismo e mancanza di empatia (il sovraccarico sensoriale impedisce l'attenzione volta anche al prossimo);
✓fastidio, rabbia, odio e voglia di distruzione (l'altro che chiede attenzione rappresenta un'ulteriore minaccia alla sopravvivenza del proprio sistema);
✓mancanza di concentrazione, confusione, stanchezza, aridità.
Facciamo un passo in più nelle nostre considerazioni.
La realta' esterna che abbiamo scelto ci sta sovraccaricando di imput: cosa accade se a questo aggiungiamo tutta l' (inutile) informazione che deriva dalle attività della mente come il ricordare o l'anticipare, ovvero la memoria e l'immaginazione?
In tali condizioni i nostri organi di percezione e sensazione si trovano a far fronte a stimoli irreali, del passato o del futuro, a cui non potranno mai realmente rispondere, qui ed ora.
Da ciò si sviluppa un senso di frustrazione, poi di impotenza e sconfitta, che gravano ulteriormente su un sistema già usurato che ormai percepisce dolore anche laddove potrebbe provare piacere.
Cosa sentite quando qualcuno vi accarezza dolcemente?
E se qualcuno vi accarezzasse su una ferita?
L'aggravante è costituito dal fatto che un sistema la cui percezione è depressa e malata ormai non è più in grado di percepire neanche il proprio stato, né il proprio grado di sofferenza.
Ecco che si rende necessaria una disintossicazione dall'iperstimolazione cinetica e mentale.
Il vuoto è sacro e salvifico. Anticamente si praticava l'otium, espressione delle virtù greco romane: palestra per i giochi dello spirito, dono degli dèi; tempo posseduto (e non perduto) da dedicare alla contemplazione di se stessi, a riflettere la Luce.
Ritagliarsi il vuoto, rieducarsi al vuoto, disciplinare la mente va perseguito ad ogni costo attraverso il silenzio, la natura, la solitudine, la meditazione, la conoscenza di se stessi (personalmente ho creato il metodo IDENTITY per riconoscere le trappole mentali, ma esistono moltissimi altri validi metodi).
Un esercizio di base, semplice e alla portata di chiunque, consiste nel fermarsi due minuti più volte al giorno: non fare nulla, non programmare nulla, non muovere un dito, non guardare niente. Due minuti di assoluto vuoto sacro. Lentamente si apprende dapprima ad osservare i pensieri che sopraggiungono in quei 2 minuti; poi si impara a non pensare.
Con il passare del tempo i 2 minuti diventano 4,6, 8, etc; si sceglie di trascorrerli nella natura, etc.
Ci si accorgerà che per essere non bisogna fare. Che per amare non è necessario avere. Che la gioia abita in ognuno di noi e la Grazia ci parla in silenzio.
Grazie
Sara Ascoli
Naturalmente gli organi della sensazione e della percezione sono in grado di sopportare una certa quantità di stimoli: oltre quella soglia scatta una sorta di stato di allarme a segnalarci che il nostro organismo sta usurpando le proprie riserve energetiche ed usurando i propri sistemi di adattamento all'ambiente.
Detto questo, una passeggiata nel centro caotico di una metropoli può risultare fin troppo aggressiva per i nostri organi di sensazione, percezione e invito all'azione. Siamo sottoposti a una moltitudine di stimoli: olfattivi, visivi, uditivi, cinestetici, di reazione, etc.
Lo stesso avviene di fronte ad immagini in movimento sullo schermo di un televisore, un PC o un telefonino: molti credono di concedersi pause di relax o godimento davanti ad un monitor mentre stanno soltanto sottraendo gli ultimi depositi di energie a capacità percettive e sensoriali magari già esauste.
Inoltre, sotto questo enorme carico di stimoli, non siamo in grado di riflettere. Non dico pensare, bensì riflettere.
Con riflettere si intende la facoltà di "flettere di nuovo" in riferimento all'angolo che i raggi solari fanno sulle superfici piane. In modo analogo, l'anima si comporterebbe come uno specchio (in alchimia questa è una delle tappe evolutive che attende ogni anima: l'albedo) o una superficie di acque tranquille, in grado di rimandare la Luce o a "piegare indietro" un'energia da cui si viene colpiti. Ogni oggetto viene colpito dalla luce, che in parte viene assorbita e in parte, in base alla sua forma e alla sua superficie, viene rimandata in un riflesso. Così vale per ogni anima e, quanto più ci si sia adoperati a renderla calma e limpida, tanto più sarà in grado di riflettere e illuminare.
In cosa consiste quella luce rimandata dall'anima? In pensiero che avvolge un oggetto e lo anima, appunto.
Ma cosa accade se la nostra superficie è costantemente offesa da un'overdose di stimoli?
"Troppa informazione uguale nessuna informazione" diceva Umberto Eco.
Ci troviamo, così, a fronteggiare un eccesso per il quale non siamo attrezzati. Si sviluppa, in tal modo, un meccanismo di difesa del nostro organismo che consiste in un'assuefazione all'eccesso di stimoli, passando prima per una dipendenza.
Le conseguenze sono:
✓la dimenticanza (l'attenzione e la memoria scartano una cifra considerevole di informazioni);
✓la ridotta sensibilità (necessaria a difendere un sistema offeso);
✓la ridotta vitalità (effetto dell'eccesso di stimoli che ha esaurito il sistema);
✓un limitato accesso a stimoli e risorse vitali e benefici (che spesso cadono fuori dalla ricezione ormai incapace di accogliere oltre);
✓egoismo e mancanza di empatia (il sovraccarico sensoriale impedisce l'attenzione volta anche al prossimo);
✓fastidio, rabbia, odio e voglia di distruzione (l'altro che chiede attenzione rappresenta un'ulteriore minaccia alla sopravvivenza del proprio sistema);
✓mancanza di concentrazione, confusione, stanchezza, aridità.
Facciamo un passo in più nelle nostre considerazioni.
La realta' esterna che abbiamo scelto ci sta sovraccaricando di imput: cosa accade se a questo aggiungiamo tutta l' (inutile) informazione che deriva dalle attività della mente come il ricordare o l'anticipare, ovvero la memoria e l'immaginazione?
In tali condizioni i nostri organi di percezione e sensazione si trovano a far fronte a stimoli irreali, del passato o del futuro, a cui non potranno mai realmente rispondere, qui ed ora.
Da ciò si sviluppa un senso di frustrazione, poi di impotenza e sconfitta, che gravano ulteriormente su un sistema già usurato che ormai percepisce dolore anche laddove potrebbe provare piacere.
Cosa sentite quando qualcuno vi accarezza dolcemente?
E se qualcuno vi accarezzasse su una ferita?
L'aggravante è costituito dal fatto che un sistema la cui percezione è depressa e malata ormai non è più in grado di percepire neanche il proprio stato, né il proprio grado di sofferenza.
Ecco che si rende necessaria una disintossicazione dall'iperstimolazione cinetica e mentale.
Il vuoto è sacro e salvifico. Anticamente si praticava l'otium, espressione delle virtù greco romane: palestra per i giochi dello spirito, dono degli dèi; tempo posseduto (e non perduto) da dedicare alla contemplazione di se stessi, a riflettere la Luce.
Ritagliarsi il vuoto, rieducarsi al vuoto, disciplinare la mente va perseguito ad ogni costo attraverso il silenzio, la natura, la solitudine, la meditazione, la conoscenza di se stessi (personalmente ho creato il metodo IDENTITY per riconoscere le trappole mentali, ma esistono moltissimi altri validi metodi).
Un esercizio di base, semplice e alla portata di chiunque, consiste nel fermarsi due minuti più volte al giorno: non fare nulla, non programmare nulla, non muovere un dito, non guardare niente. Due minuti di assoluto vuoto sacro. Lentamente si apprende dapprima ad osservare i pensieri che sopraggiungono in quei 2 minuti; poi si impara a non pensare.
Con il passare del tempo i 2 minuti diventano 4,6, 8, etc; si sceglie di trascorrerli nella natura, etc.
Ci si accorgerà che per essere non bisogna fare. Che per amare non è necessario avere. Che la gioia abita in ognuno di noi e la Grazia ci parla in silenzio.
Grazie
Sara Ascoli





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