Vasi Comunicanti

Una volta pensavo di amare soltanto le persone che  amavo. Erano la mia famiglia o i miei amici: erano i contenitori del mio amore. Riponevo il mio amore in loro per potervi attingere all'occorrenza. In effetti, quell'amore mi tornava: la stessa quantità di amore che davo, la ricevevo.
Lentamente, però, quelle persone sono venute meno nella mia vita. Ma non hanno lasciato un vuoto.
Ad un tratto, qualcosa in me si accorse che l'amore che avevo avrei dovuto versarlo in altri contenitori. Se non lo avessi fatto, se non avessi trovato dove conservare l'amore, quello sarebbe andato a male dentro di me: mi avrebbe avvelenata.
Così iniziai ad amare la tata di mia figlia, la mia vicina, quanti si recavano nel mio studio, etc. Dovetti notare che riponendo questo amore in un numero maggiore di contenitori, l'amore stesso aumentava. Gà, poiché in ogni contenitore c'era già dell'amore che qualcuno aveva versato in precedenza. Dunque quando mi veniva restituito amore, era sempre più di quanto io ne avessi conservato in loro. A volte no. No andava così: notavo che l'amore che io avevo riposto in loro non c'era più. L'avevano sperperato tutto. Oppure era marcito. Però accadeva ugualmente che altre persone riponessero in me il loro amore, così che il mio capitale fosse sempre in crescita.
Giunsi al punto in cui non bastavano più le persone del mio entourage per conservare tutto quell'amore. Allora iniziai ad amare il barista, il calzolaio, i passanti, la donna della lavanderia. Poi un angolo di strada, un ramo, una farfalla. Poi una malattia, un debito, una delusione. Le persone non bastavano più: avevo necessità di altri contenitori.
Un giorno, dopo molto tempo, ebbi modo di incontrare nuovamente uno dei miei primi contenitori: uno di quelli in cui avevo ingenuamente preteso di poter stipare tutto il mio amore. Non funzionò: nessuno può contenere tutta la nostra capacità di amare!
Mi accorsi, con profondo stupore, quanto del mio amore ancora fosse conservato in quella persona.
O forse, mi accorsi di quanto io ne avessi conservato del suo. Soprattutto, compresi che da quando era venuto meno quel contenitore nella mia vita, avevo preso a versare tutto l'amore che abitualmente vi riponevo, in tanti altri contenitori. E che, dunque, la gioia espressa da quanti ricevevano il mio amore era, in realtà, un atto di gratitudine verso quel primo contenitore. È così che siamo legati, gli uni con gli altri? Da scambi di etere d'amore? Chi riceveva il mio amore eccedente non sapeva che stavo cercando contenitori poiché era venuto meno quello principale. E non sapeva che questi era stato l'innesco dell'amore che ora offrivo loro:  li riempivo di un amore che proveniva da altri. Siamo tutti vasi comunicanti d'amore, seppur a nostra insaputa.
Vidi anche che nel mondo alcuni contenitori non si prestavano ad essere riempiti: erano quelli che non si lasciano amare. Sono già troppo pieni dell'idea di se stessi, al punto tale da non poter accogliere amore. Hanno perduto quel vuoto essenziale che è preludio d'amore. Quando versi in loro il tuo amore, li puoi vedere soffrire ed arrabbiarsi: sono già pieni fino all'orlo di idee spinose! Premere sulla misura già colma non può che far male: quelle spine fanno sanguinare. Allora, li vedrai rispondere con odio o aggressività scostante all'amore: ma non sono cattivi. Stanno solo soffrendo di eccesso di idee.
Eppure, anche loro sono causa di legami cosmici: inducono alla ricerca di altri vasi, moltiplicano le relazioni, le unioni, i viaggi, le scoperte. Così come i contenitori bucati ci invitano invece a fermarci di più in un luogo: non si colmano mai; sono sempre in perdita e necessitano di versamenti continui.
Non sanno contenere l'amore, non si sanno proteggere e ne disperdono per ogni dove.
Ci sono ancora i bulimici: cercano e provocano amore in ogni modo. Sono insaziabili, ma non hanno veri e propri buchi. Semplicemente si sono convinti che potrebbero morire se solo perdessero una dose di amore. È come se il loro vaso non stesse propriamente in piedi: può sempre cadere e rovesciarsi. Questo li terrorizza: l'idea che il contenitore resti vuoto e nessuno ne abbia più cura.
Vidi pure che sono sempre le idee a minacciare il contenitore: troppa importanza personale lo rende colmo e inutilizzabile; altre idee lo corrodono in un lato e procurano fori; altre idee, come quella di non farcela o non essere abbastanza, lo spingono facendolo pericolosamente vacillare. C'è un'altra idea che spesso minaccia i contenitori: è quella legata alla loro forma. Capita di essere confusi dall'aspetto di un vaso: è troppo diverso o troppo simile al proprio. Quest'idea è madre di altre idee: "se è troppo diverso non sarà adatto a versarci il mio amore; lo rovinerebbe o lo altererebbe". Invece, "se è così uguale al mio, forse ho trovato un contenitore in cui riversare tutto il mio amore per conservarlo". L'idea della forma è molto pericolosa poiché blocca i travasi necessari alla vita.
È per questo che crescendo, ho dovuto apprendere sempre più a farmi vuoto solido per portare l'amore degli altri. E  poiché vidi che l'unico modo per costruire il vuoto stava nel non voler possedere niente e nessuno, nemmeno in forma di idea e tanto meno di me stessa, lasciai che al posto delle idee sedessero gocce di amore: quello è l'unica maniera di dare un giusto equilibrio e una giusta forma al contenitore. Riesce a scolpirlo dall'interno e a sanarne ogni falla; a garantire il flusso continuo ed evitare pressioni e traboccamenti.

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