IL VELENO È LA CURA: COME NASCE L'OSSERVATORE INTERNO

Gesù disse: "perché lavate la parte esterna della coppa? Non comprendete che colui che ha fatto la parte interna è lo stesso che ha fatto la parte esterna?" (Quinto Vangelo di Tommaso Apostolo, precetto 89).


L'Assoluto, in quanto tale, contiene in sé ogni cosa: l'infinito così come ciò che è finito. Questi due principi, opposti e complementari, sono indispensabili affinché si sia in grado di concepire la vita.

L'universo spirituale deve vestirsi di un corpo come di un vaso, della forma del Vuoto che lo contenga, lo limiti e lo renda così manifesto.
Al contempo, questo vaso deve essere vivificato da un principio celeste che prema dall'interno contro i suoi confini, che lo tenda verso un'evoluzione infinita, il cui fine senza fine è l'armonia tra ciò che permette la forma e ciò che è oltre ogni forma.

Ad ogni nostra fase evolutiva corrisponde un principio celeste che prema dall'interno per espandere i nostri confini.
Nelle fasi iniziali della nostra crescita, questa forza dirompente coincide con l'ego.

Ora, molti buontemponi suggeriscono la soppressione degli impulsi egoici prima ancora che l'ego abbia trovato la sua piena espressione.
Niente di più dannoso per l'evoluzione di un individuo!
Tale soppressione è la via più breve per l'annientamento del fuoco sacro interiore che dovrà accendersi.

Ogni pensiero, ogni gesto, ogni tipo di condotta che venga offerta alla vita, che venga agita, è inevitabilmente un'offerta di sé stessi.
Che lo si voglia o no, in questo momento, ognuno di noi sta offrendo la sua sostanza alla vita.
Questi sono i semi che piantiamo nel terreno vitale.
Ripetendo gli stessi gesti e le stesse condotte noi nutriamo quel terreno, lo fertilizziamo e permettiamo la crescita di quanto abbiamo seminato.
Solo allorquando vedremo i frutti della nostra opera, potremo decidere se estirparla poiché infestante o se raccogliere ciò che ci può nutrire e, magari, può sfamare altre bocche.

 Se, invece, evitiamo di piantare alcuni dei nostri semi interiori (perché così ci è stato detto o perché così siamo indotti a credere) non avremo mai modo di considerare la crescita: non avremo offerto nulla alla vita e avremo perso la possibilità di vedere noi stessi.

L'ego, come l'Ombra, non chiedono altro che di essere visti.
Ma da chi?
Da quella parte di ognuno di noi che è in grado di osservare se stessi.

In ciascun individuo vive il seme, vive la terra, vive la capacità di coltivare e nutrire, così come vive la facoltà di osservare il proprio operato.
Tutti i semi piantati e curati daranno crescita, offriranno se stessi alla vita e, pertanto, doneranno all'osservatore la possibilità di osservare.
Finché un seme resta seppellito e nascosto alla Luce, l'osservatore non sa cosa osservare: non vede nulla e quindi non può costituirsi in quanto osservatore.
Questa preziosa parte che nasce proprio dall'esposizione dell'ego, ne diventerà la cura stessa, il trasformatore.

Offrire se stessi, dunque, equivale a ricevere se stessi.
Così, mentre in una prima fase evolutiva sarà l'ego la sostanza più attiva al nostro interno, quella in grado di spingere più in là i nostri limiti; in una fase evolutiva successiva sarà l'osservatore nato proprio dalle ceneri dell'ego a garantire il superamento dei nostri confini interiori.

La creazione di questa nuova sostanza si ottiene soltanto a partire dall'espressione di tutti i nostri ego: ciò comporta che ogni nostro seme venga curato per crescere. Eppure, come ho avuto già modo di scrivere, molti di noi temono e rifiutano alcuni tra i loro semi interiori.
Il timore di veder crescere la propria invidia o il proprio rancore non faciliterà mai la nascita di una controparte interiore deputata proprio all'osservazione di invidia e rancore.

Posso osservare soltanto ciò che è fuori da me, ciò che "faccio fuori" e di fronte a cui mi pongo.
Soltanto così, ciò che è fuori (invidia)  costruisce ciò che è dentro (osservatore), in modo che poi, ciò che è dentro possa essere fatto fuori e costituire un nuovo seme.

Ciò vuol dire che anche l'osservatore prima poi verrà piantato e curato e assisteremo ad una nuova crescita. Ma chi, in questo caso, osserverà l'osservatore? Quale parte di noi nasce dalla morte dell'osservatore?

Queste domande sono ora solo un invito: non cercano risposte.
Ora, più che mai, è preziosa la cura che vorremo offrire a tutti i nostri semi.
La vergogna stessa che ci assale nel momento in cui offriamo il nostro senso di inadeguatezza è un seme anch'essa. Avremo così donato alla terra vergogna e inadeguatezza: si tratta di due semi distinti e, quindi, il seme vergogna non va piantato per impedire la crescita del seme inadeguatezza o per trattenerlo nella terra.
Sono due semi distinti.

 Ripetendo le condotte vergognose e inadeguate permetteremo all'osservatore di nascere al cospetto dei frutti della vergogna che, poiché donata, non ci apparterrà più.
Il veleno è la cura.

Tratto da: CENERENTOLA: L'INGANNO, L'ANIMA E IL SANG REAL, di Sara Ascoli.
Disponibile su AMAZON anche in ebook.

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