LA SCELTA. PASSI DI ALCHIMIA E SCIAMANESIMO
In questa sospensione indotta che tutti stiamo vivendo, mi trovo spesso ad accogliere la sofferenza di quanti lamentano la propria, attuale, impossibilità di scelta.
Chi mi segue sa che "la scelta" è per me un punto cardine relativamente all'autodeterminazione e alla ricerca di Sé.
Ma cosa vuol dire scegliere e perché per molte persone ora sembra una terra preclusa?
Cercherò di sintetizzare cosa si intende per scelta in ambito alchemico e sciamanico, ovvero secondo quegli antichi saperi che orientano l'uomo nella ricerca del proprio divino interiore.
Basilarmente, si apprende a scegliere attraverso tre fasi che corrispondono a tre gradi di consapevolezza.
La prima è la più elementare; si tratta di saper scegliere tra giusto e sbagliato. Queste due polarità regolano la vita del bambino, per la cui educazione e sopravvivenza è importante sapere che, ad esempio, è sbagliato armeggiare vicino una presa di corrente, mentre è giusto lavarsi i denti prima di andare a letto. È una scelta che fa la personalità e attraverso la quale, definisce se stessa.
Con l'avanzare dell'età e della consapevolezza si apprende che non esistono categorie di giusto o sbagliato in modo assoluto e armeggiare con una presa, se non è giusto per il bambino, può esserlo per il papà; che a volte, una bugia, è più giusta della verità; che un sano egoismo (amor proprio) e persino l'espressione della rabbia possono essere giusti mentre l'amorevolezza e la comprensione rischiano di essere controproducenti.
La seconda fase della scelta implica, dunque, una responsabilità personale: si tratta di saper decidere tra ciò che è giusto e ciò che è facile.
"Facile" è tutto ciò che ci tenta e ci mette a riparo dalla nostra crescita: induce al vizio, all'abitudine cieca; all'automatismo; alla regressione infantile, ovvero all'essere esentati dal dover scegliere e demandare la decisione a un fattore esterno o al cercare giustificazioni.
"Cosa scelgo tra leggere un libro e giocare con il telefono? Sono stanca (facile): gioco un po'".
"Dovrei chiedere scusa alla mia amica ma non credo che ora lei sia in grado di perdonarmi; quindi è inutile (giustificazione facile)".
Sull'altro versante, quello della scelta, solitamente siede la propria anima: chiedere perdono o leggere un libro sono sue attività a cui la personalità (facile) cerca di sottrarsi per resistenza a quell' evoluzione che ne sbiadirebbe i contorni.
Non è sempre facile comprendere cosa sia "facile"!
Prendiamo ad esempio la scelta tra il continuare a lavorare e portare a termine i compiti aziendali in Smart working o prendersi un'ora per ballare. Il lavoro appare noioso e pertinente alla sfera del dovere pertanto, vien da pensare che sia più facile optare per la danza. Eppure, il dovere impartito da altri non richiede che compiti esecutivi e meccanici che confermano il nostro senso di identità attraverso il senso del dovere. Al contrario, ballare richiede molta più energia: non solo fisica, anche creativa e, soprattutto, esercita il libero arbitrio ovvero, la libertà di essere ciò che si è e non di dover definire se stessi attraverso un ruolo.
Tra le persone che metteranno su la musica per sfrenarsi in un primordiale corpo libero, alcune si sentiranno in colpa per il solo fatto di venir meno al proprio dovere professionale.
Ecco che ciò che sembra facile è in realtà un richiamo della propria anima a non ricadere in troppo facili idee di sé stessi.
Ma veniamo al terzo livello di scelta.
Qui l'opzione non è più tra due polarità.
"Come è possibile?" Direte voi. "Se c'è una scelta ci devono essere almeno due fronti".
Non esattamente.
Qui si entra a gamba tesa nella sfera dell'anima dove c'è da scegliere tra ciò che è giusto e ciò che lo è ancora di più o, meglio, ciò che è sacro.
Fino ai primi due livelli eravamo nell'ordine del fare. Ora si entra dell'ordine del sacro fare o sacrificio.
Non è più il desiderio, il bisogno o l'opportuno che guidano la scelta.
Ed è proprio questo il punto cardine: tali scelte non hanno nessuna motivazione personale. Si tratta piuttosto di offrire (sacrificare) ciò che resta della personalità egoica.
Gli esempi potranno apparire alquanto insoliti a chi ancora si trovi nei primi due livelli: prendiamo il caso di una persona che venga insultata poiché ritenuta molto egoista. L'individuo in questione sa di aver elargito laute somme in beneficienza o di occuparsi regolarmente di chi è in stato di necessità. A questo punto potrebbe rivelare il suo stile di vita o scegliere di sacrificare l'idea di sé e tacere le sue giuste abitudini, chiedendo, invece, quali condotte potrebbe migliorare per vincere il proprio egoismo.
Ancora, di fronte a un'amica che si lasci andare a tutta la propria sofferenza o confusione, si potrebbe optare per ascoltarla e poi parlarle; incoraggiarla verso alcune soluzioni; distrarla invitandola fuori; etc. Oppure, sacrificando l'urgenza di sentirsi utile e apprezzati o di modificare lo stato angoscioso dell'amica, si potrebbe optare per un silenzioso abbraccio.
Nel terzo livello la scelta sfiora per lo più l'ambito del non scegliere e, quindi, della fede. Non c'è un agire personale poiché la persona scompare. Si offre fede alla vita, così come all'altro (che della vita è solo un agente, avendo anch'egli perso il fardello della personalità).
Come si passa dal primo al terzo livello di scelta?
È proprio qui che si nascondono le motivazioni per le quali a molti sembra vivere un momento in cui la scelta sia loro preclusa.
Alcuni, infatti, ignorano che si possa scegliere cosa vedere e cosa non vedere: scelgo di osservare il cielo e non la televisione.
Scelgo di leggere articoli sul benessere e non su violenza e decadenza.
Scelgo di avere pensieri positivi piuttosto che inseguire i voli della mente proiettata sempre al negativo.
Ancora, posso smettere di ricercare un'attività che mi faccia sentire contento, soddisfatto, sereno, leggero e scegliere di infondere il mio attuale stato d'animo in un'attività qualsiasi (scelgo, dunque, di non subire più né l'umore che provo, né l'influsso di una circostanza: mi autodetermino).
Posso scegliere di ritenermi sempre un essere completo e perfetto piuttosto che mancante di qualcosa o qualcuno; piuttosto che sminuito dall'aver fatto o dal non fare.
Scelgo di esprimere gratitudine il più possibile nel corso delle mie giornate. Scelgo di attribuire a me stesso tutto il potere e la responsabilità di ciò che accade (quindi smetto di cercare in altri le cause della mia sofferenza).
Scelgo di disobbedire alle idee che ho di me (sono debole, non sono capace; mi annoio facilmente; sono permaloso; sono una vittima; etc) alle idee che ho sugli altri (non ci arriva; non ce la fa da solo; è egocentrico, narcisista, manipolatore, etc); alle idee che ho sul mondo, su come dovrebbe essere e come dovrebbero andare le cose. Posso scegliere di non avere aspettative e di perdonare, in silenzio, i miei errori di percezione e quelli altrui.
Ecco che attraverso il concetto di scelta si amplia anche quello di libertà, che non consiste nel fingere che ciò che consideriamo negativo non esista, ma del saper godere di una rosa nonostante le sue spine.
Sii Reale
Sara Ascoli
Chi mi segue sa che "la scelta" è per me un punto cardine relativamente all'autodeterminazione e alla ricerca di Sé.
Ma cosa vuol dire scegliere e perché per molte persone ora sembra una terra preclusa?
Cercherò di sintetizzare cosa si intende per scelta in ambito alchemico e sciamanico, ovvero secondo quegli antichi saperi che orientano l'uomo nella ricerca del proprio divino interiore.
Basilarmente, si apprende a scegliere attraverso tre fasi che corrispondono a tre gradi di consapevolezza.
La prima è la più elementare; si tratta di saper scegliere tra giusto e sbagliato. Queste due polarità regolano la vita del bambino, per la cui educazione e sopravvivenza è importante sapere che, ad esempio, è sbagliato armeggiare vicino una presa di corrente, mentre è giusto lavarsi i denti prima di andare a letto. È una scelta che fa la personalità e attraverso la quale, definisce se stessa.
Con l'avanzare dell'età e della consapevolezza si apprende che non esistono categorie di giusto o sbagliato in modo assoluto e armeggiare con una presa, se non è giusto per il bambino, può esserlo per il papà; che a volte, una bugia, è più giusta della verità; che un sano egoismo (amor proprio) e persino l'espressione della rabbia possono essere giusti mentre l'amorevolezza e la comprensione rischiano di essere controproducenti.
La seconda fase della scelta implica, dunque, una responsabilità personale: si tratta di saper decidere tra ciò che è giusto e ciò che è facile.
"Facile" è tutto ciò che ci tenta e ci mette a riparo dalla nostra crescita: induce al vizio, all'abitudine cieca; all'automatismo; alla regressione infantile, ovvero all'essere esentati dal dover scegliere e demandare la decisione a un fattore esterno o al cercare giustificazioni.
"Cosa scelgo tra leggere un libro e giocare con il telefono? Sono stanca (facile): gioco un po'".
"Dovrei chiedere scusa alla mia amica ma non credo che ora lei sia in grado di perdonarmi; quindi è inutile (giustificazione facile)".
Sull'altro versante, quello della scelta, solitamente siede la propria anima: chiedere perdono o leggere un libro sono sue attività a cui la personalità (facile) cerca di sottrarsi per resistenza a quell' evoluzione che ne sbiadirebbe i contorni.
Non è sempre facile comprendere cosa sia "facile"!
Prendiamo ad esempio la scelta tra il continuare a lavorare e portare a termine i compiti aziendali in Smart working o prendersi un'ora per ballare. Il lavoro appare noioso e pertinente alla sfera del dovere pertanto, vien da pensare che sia più facile optare per la danza. Eppure, il dovere impartito da altri non richiede che compiti esecutivi e meccanici che confermano il nostro senso di identità attraverso il senso del dovere. Al contrario, ballare richiede molta più energia: non solo fisica, anche creativa e, soprattutto, esercita il libero arbitrio ovvero, la libertà di essere ciò che si è e non di dover definire se stessi attraverso un ruolo.
Tra le persone che metteranno su la musica per sfrenarsi in un primordiale corpo libero, alcune si sentiranno in colpa per il solo fatto di venir meno al proprio dovere professionale.
Ecco che ciò che sembra facile è in realtà un richiamo della propria anima a non ricadere in troppo facili idee di sé stessi.
Ma veniamo al terzo livello di scelta.
Qui l'opzione non è più tra due polarità.
"Come è possibile?" Direte voi. "Se c'è una scelta ci devono essere almeno due fronti".
Non esattamente.
Qui si entra a gamba tesa nella sfera dell'anima dove c'è da scegliere tra ciò che è giusto e ciò che lo è ancora di più o, meglio, ciò che è sacro.
Fino ai primi due livelli eravamo nell'ordine del fare. Ora si entra dell'ordine del sacro fare o sacrificio.
Non è più il desiderio, il bisogno o l'opportuno che guidano la scelta.
Ed è proprio questo il punto cardine: tali scelte non hanno nessuna motivazione personale. Si tratta piuttosto di offrire (sacrificare) ciò che resta della personalità egoica.
Gli esempi potranno apparire alquanto insoliti a chi ancora si trovi nei primi due livelli: prendiamo il caso di una persona che venga insultata poiché ritenuta molto egoista. L'individuo in questione sa di aver elargito laute somme in beneficienza o di occuparsi regolarmente di chi è in stato di necessità. A questo punto potrebbe rivelare il suo stile di vita o scegliere di sacrificare l'idea di sé e tacere le sue giuste abitudini, chiedendo, invece, quali condotte potrebbe migliorare per vincere il proprio egoismo.
Ancora, di fronte a un'amica che si lasci andare a tutta la propria sofferenza o confusione, si potrebbe optare per ascoltarla e poi parlarle; incoraggiarla verso alcune soluzioni; distrarla invitandola fuori; etc. Oppure, sacrificando l'urgenza di sentirsi utile e apprezzati o di modificare lo stato angoscioso dell'amica, si potrebbe optare per un silenzioso abbraccio.
Nel terzo livello la scelta sfiora per lo più l'ambito del non scegliere e, quindi, della fede. Non c'è un agire personale poiché la persona scompare. Si offre fede alla vita, così come all'altro (che della vita è solo un agente, avendo anch'egli perso il fardello della personalità).
Come si passa dal primo al terzo livello di scelta?
È proprio qui che si nascondono le motivazioni per le quali a molti sembra vivere un momento in cui la scelta sia loro preclusa.
Alcuni, infatti, ignorano che si possa scegliere cosa vedere e cosa non vedere: scelgo di osservare il cielo e non la televisione.
Scelgo di leggere articoli sul benessere e non su violenza e decadenza.
Scelgo di avere pensieri positivi piuttosto che inseguire i voli della mente proiettata sempre al negativo.
Ancora, posso smettere di ricercare un'attività che mi faccia sentire contento, soddisfatto, sereno, leggero e scegliere di infondere il mio attuale stato d'animo in un'attività qualsiasi (scelgo, dunque, di non subire più né l'umore che provo, né l'influsso di una circostanza: mi autodetermino).
Posso scegliere di ritenermi sempre un essere completo e perfetto piuttosto che mancante di qualcosa o qualcuno; piuttosto che sminuito dall'aver fatto o dal non fare.
Scelgo di esprimere gratitudine il più possibile nel corso delle mie giornate. Scelgo di attribuire a me stesso tutto il potere e la responsabilità di ciò che accade (quindi smetto di cercare in altri le cause della mia sofferenza).
Scelgo di disobbedire alle idee che ho di me (sono debole, non sono capace; mi annoio facilmente; sono permaloso; sono una vittima; etc) alle idee che ho sugli altri (non ci arriva; non ce la fa da solo; è egocentrico, narcisista, manipolatore, etc); alle idee che ho sul mondo, su come dovrebbe essere e come dovrebbero andare le cose. Posso scegliere di non avere aspettative e di perdonare, in silenzio, i miei errori di percezione e quelli altrui.
Ecco che attraverso il concetto di scelta si amplia anche quello di libertà, che non consiste nel fingere che ciò che consideriamo negativo non esista, ma del saper godere di una rosa nonostante le sue spine.
Sii Reale
Sara Ascoli

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