Quel misero Tu



Quale abito indossa il tuo TU?

Tempo fa ho pubblicato un video in cui spiego la differenza tra un Tu e un Io individuato, auto determinato.
Ho mostrato come il concetto di libertà sia inapplicabile per un Tu che non si è preposto alla scelta di sue emozioni o pensieri.
Ma dietro quali abiti/abitudini si nasconde un Tu?

Uno di questi è la vergogna.
Si è talmente abituati alla vergogna che il più delle volte non ci si rende neanche conto di provarla.
Quante volte: si sceglie di non pronunciare una frase oppure si opta per parlare in un frangente di silenzio; si mente, si tace una verità o la si altera, solo per vergogna?

È poiché ci si vergogna che si inventa una scusa con gli altri e persino con se stessi: si arriva a giustificare un proprio stile di vita o una condotta, razionalizzandone le presunte motivazioni soltanto per non ammettere un tratto della personalità per cui, appunto, proviamo vergogna.

Ci vergogniamo di un comportamento agito verso altri e, pur di non sentire quel disagio, muoviamo rabbia al prossimo che ci ha fatto sentire così miserabili! Con rabbia o con invidia rispondiamo a un collega di lavoro più puntuale di noi. Aggrediamo magari un senzatetto che chiede elemosina poiché ci vergogniamo: di non essere generosi quanto si dovrebbe; di non saper mai negare l'offerta; della poca dignità in cui riversa un uomo che ci ricorda, inconsciamente,  quanto siamo simili.

A volte ci vergogniamo poiché abbiamo mal considerato una persona che pensavamo fosse un bastardo egoista e invece si è prodigato per noi: è così intollerabile quella vergogna che proviamo che si preferisce sminuire il prezioso gesto dell'altro e ritenerlo un manipolatore piuttosto che attenerci ai fatti.

Ci vergogniamo di non aver raggiunto il traguardo che tutti pensavano avessimo conquistato e allora (come la volpe che non arriva all'uva) passiamo a dire che, forse, non valeva poi così tanto.

Ci vergogniamo talmente di non saper fare alcune cose che rifiutiamo persino di averne bisogno. La vergogna di apparire nella nostra fragilità o delicatezza ci fa usare un linguaggio volgare o fortemente ironico al posto, magari, di un "ti voglio bene", "sei stato bravo", "mi sono sentito ferito", etc.

Ci vergogniamo dei nostri pensieri, di bisogni, desideri, paure e di molte emozioni al punto che quasi non le sentiamo più.

I più non hanno coscienza della propria vergogna: la negano, la trasferiscono in rabbia o aggressività, invidia o indifferenza; oppure la proiettiamo su altri; la razionalizziamo. Sono tutte difese che si mettono in atto per non vedere noi stessi e per non sceglierci.

Tale è l'abito, o l'abitudine a vergognarci: come Cenerentola, indossiamo da così tanto tempo questo  vestito da averlo reso sudicio e logoro. La vergogna negata resta ancora lì, nascosta sotto le macchie della rabbia o del sarcasmo; dell'invidia e del rancore.
È pur sempre vergogna.
E rimane tale poiché noi ne blocchiamo la carica energetica che non può fluire.


In che modo la blocchiamo?
Non scegliendo.
Il Tu, lo abbiamo visto nel video, non sceglie, non sa scegliere.
In questo caso, il Tu non sceglie di vedersi nella vergogna: tutto ciò che fa, lo fa per evitare di provare ciò che già prova. Ovvero, vergogna.

Nel momento esatto in cui accettiamo lo stato di vergogna in cui siamo, la vergogna inizia a fluire: quell'abito/abitudine prende a sfilarsi, a consumarsi.
Soltanto così potremo notare che, probabilmente,   sotto quelle vesti si celava un'altra abitudine con cui non ci piace avere a che fare: la colpa.

Ma di questo ne parleremo in altra occasione.

Ora vi saluto e vi auguro tutto il coraggio necessario ad osservare voi stessi. Cercate negli angoli, sepolta sotto la polvere del tempo andato, la vostra vergogna e portatela alla Luce: care Cenerentole, c'è molto da ripulire e riordinare dentro ognuno di noi.


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