Il guerriero perfetto della Gioia
Al mattino mi sveglio molto presto. Stamane sono le 4:01. È il mio momento più sacro: tutto tace; non arriva ancora il canto dai rami fuori la finestra.
Le prime note che sento vengono suonate dalla mia gioia: giunge sempre un momento esatto in cui avverto un'infinita gioia invadere il cuore.
Potrei cercare per ore una motivazione a quella gioia e non ne troverei un bagliore nel mondo che vivo. Potrei considerare, invece, decine di ragioni in un solo minuto per non averne: eppure, nessuna di queste sembra più essere valida.
Questa gioia è il mio cuore che prega. È la sola spiegazione che posso dare da questo sorriso beota che ora mi ritrovo.
Potrei piangere in qualsiasi istante e, a volte, confesso che capita.
Credo sia la mia gratitudine festante al giorno che verrà; il saluto offerto alla Stella del Mattino; il sentirsi onorata di tutto questo impagabile silenzio pur vivendo in una città così caotica; la festa per lo scambio tra l'ombra e la luce che sta per arrivare all'altare, accanto al suo sposo; o forse è gioia che offro al profumo del gelsomino che scavalca la soglia di casa per salutarmi.
Così posso spiegare appena un po' questa gioia. Ma forse sto mentendo.
Non è un'offerta la mia. Piuttosto è qualcosa che ricevo: solo, a quest'ora è un dono più concentrato.
Durante il giorno viene diluito dai sorrisi dei passanti; dalle parole gentili di una guardia, di un'infermiera, di un panettiere; è nella risata complice di un barista, un amico, un corriere, una persona che ascolto per lavoro; sono le fusa dei miei gatti, i baci dei miei cani; gli abbracci caldi della mia amica; il becco affamato di un uccellino salvato; una lumaca che striscia il davanzale; l'aloe in fiore; la carta che chiude un solitario. Altre volte il dono è la pagina di un libro, una foto, un ricordo improvviso, un brano per radio; il vento armonioso che fischia sulle imposte socchiuse; il caffè che gorgoglia; un sapore che mi sazia; l'acqua pura che scende in gola; il "grazie" di una persona che ho accompagnato ad incontrare nuovamente la sua gioia; lo spettacolo dei fiori del vicino; i video con le facce dei miei nipotini.
Durante il giorno lo ricevo così questo dono: è come una rugiada di gioia che si posa sul campo della mia vita a impreziosire di perle lucenti ogni foglia, ogni petalo, ogni stelo.
All'alba, è come se il mio cuore avesse accesso al luogo in cui abita la rugiada prima di scendere. Questo ricevo: la gioia immanifesta. Vi siete mai chiesti dove vive la gioia prima di incontrarla? Dove se ne sta il profumo dei fiori prima che sboccino? È lo stesso posto in cui abita la musica prima del suono; in cui gioca un bambino prima del concepimento.
È il Vuoto sacro o Eros: la possibilità potenziale di ogni cosa che berranno i miei occhi e i miei sensi.
Ecco: oggi vivo per questo dono da ricevere. Vivo per migliorare la mia capacità di accettarlo.
Ogni giorno questo dono è più grande e così devono esserlo le mie mani, le forze, il cuore in cui adagiarlo.
Si dice che ognuno abbia una missione su questa Terra: credo che la mia sia questa, quella di ricevere la gioia. Credo che la Vita mi abbia addestrata fin da subito a questo e che lo abbia fatto attraverso una disciplina severa e costante affinché divenissi un guerriero esperto della gioia.
Persino il mio lavoro, a guardarlo da qui, dall'Eros del Vuoto potenziale, non è che questo: io non aiuto gli altri a essere gioiosi, a ritrovare o scovare la propria gioia. Mentirei dicendo questo. Sono le persone che sento, vedo, tocco, che mostrandomi il buio in cui si sono disperse, in realtà mi indicano altri luoghi in cui risiede la gioia, in cui si gioca con lei a nascondino: lei è lì ferma a contare, ma presto verrà a cercarci e lo farà col suo sorriso migliore.
Sono arrivate le mie rugiade di gioia anche stamane. Scendono a imperlarmi le guance e io vorrei avere altre parole per dire "grazie", che troppo poco mi pare per tutto questo. Ma non ne ho. Ho il mio silenzio soltanto: tace la bocca e tace la mente; tacciono i dolori del corpo e zitto se ne sta il mondo fuori da me. Solo così so, per ora, dire "grazie". Forse non basta, ma la gioia capirà che devo ancora imparare.
Le prime note che sento vengono suonate dalla mia gioia: giunge sempre un momento esatto in cui avverto un'infinita gioia invadere il cuore.
Potrei cercare per ore una motivazione a quella gioia e non ne troverei un bagliore nel mondo che vivo. Potrei considerare, invece, decine di ragioni in un solo minuto per non averne: eppure, nessuna di queste sembra più essere valida.
Questa gioia è il mio cuore che prega. È la sola spiegazione che posso dare da questo sorriso beota che ora mi ritrovo.
Potrei piangere in qualsiasi istante e, a volte, confesso che capita.
Credo sia la mia gratitudine festante al giorno che verrà; il saluto offerto alla Stella del Mattino; il sentirsi onorata di tutto questo impagabile silenzio pur vivendo in una città così caotica; la festa per lo scambio tra l'ombra e la luce che sta per arrivare all'altare, accanto al suo sposo; o forse è gioia che offro al profumo del gelsomino che scavalca la soglia di casa per salutarmi.
Così posso spiegare appena un po' questa gioia. Ma forse sto mentendo.
Non è un'offerta la mia. Piuttosto è qualcosa che ricevo: solo, a quest'ora è un dono più concentrato.
Durante il giorno viene diluito dai sorrisi dei passanti; dalle parole gentili di una guardia, di un'infermiera, di un panettiere; è nella risata complice di un barista, un amico, un corriere, una persona che ascolto per lavoro; sono le fusa dei miei gatti, i baci dei miei cani; gli abbracci caldi della mia amica; il becco affamato di un uccellino salvato; una lumaca che striscia il davanzale; l'aloe in fiore; la carta che chiude un solitario. Altre volte il dono è la pagina di un libro, una foto, un ricordo improvviso, un brano per radio; il vento armonioso che fischia sulle imposte socchiuse; il caffè che gorgoglia; un sapore che mi sazia; l'acqua pura che scende in gola; il "grazie" di una persona che ho accompagnato ad incontrare nuovamente la sua gioia; lo spettacolo dei fiori del vicino; i video con le facce dei miei nipotini.
Durante il giorno lo ricevo così questo dono: è come una rugiada di gioia che si posa sul campo della mia vita a impreziosire di perle lucenti ogni foglia, ogni petalo, ogni stelo.
All'alba, è come se il mio cuore avesse accesso al luogo in cui abita la rugiada prima di scendere. Questo ricevo: la gioia immanifesta. Vi siete mai chiesti dove vive la gioia prima di incontrarla? Dove se ne sta il profumo dei fiori prima che sboccino? È lo stesso posto in cui abita la musica prima del suono; in cui gioca un bambino prima del concepimento.
È il Vuoto sacro o Eros: la possibilità potenziale di ogni cosa che berranno i miei occhi e i miei sensi.
Ecco: oggi vivo per questo dono da ricevere. Vivo per migliorare la mia capacità di accettarlo.
Ogni giorno questo dono è più grande e così devono esserlo le mie mani, le forze, il cuore in cui adagiarlo.
Si dice che ognuno abbia una missione su questa Terra: credo che la mia sia questa, quella di ricevere la gioia. Credo che la Vita mi abbia addestrata fin da subito a questo e che lo abbia fatto attraverso una disciplina severa e costante affinché divenissi un guerriero esperto della gioia.
Persino il mio lavoro, a guardarlo da qui, dall'Eros del Vuoto potenziale, non è che questo: io non aiuto gli altri a essere gioiosi, a ritrovare o scovare la propria gioia. Mentirei dicendo questo. Sono le persone che sento, vedo, tocco, che mostrandomi il buio in cui si sono disperse, in realtà mi indicano altri luoghi in cui risiede la gioia, in cui si gioca con lei a nascondino: lei è lì ferma a contare, ma presto verrà a cercarci e lo farà col suo sorriso migliore.
Sono arrivate le mie rugiade di gioia anche stamane. Scendono a imperlarmi le guance e io vorrei avere altre parole per dire "grazie", che troppo poco mi pare per tutto questo. Ma non ne ho. Ho il mio silenzio soltanto: tace la bocca e tace la mente; tacciono i dolori del corpo e zitto se ne sta il mondo fuori da me. Solo così so, per ora, dire "grazie". Forse non basta, ma la gioia capirà che devo ancora imparare.
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