Cannibalismo divino. Tra disciplina e mistica.
CANNIBALISMO DIVINO
Tra disciplina e mistica
Essere umani non è una dotazione di nascita bensì un traguardo.
Per alcuni, è bene augurarselo, si tratta solo di una tappa intermedia.
È inutile, o quasi, affannarsi tra le mistiche se prima non si posano i propri piedi nudi sui sentieri della disciplina.
La disciplina è il cammino per acquisire la propria umanità.
Innanzi tutto bisogna conoscerla e riconoscerla: è per questo che siamo tanti e tutti diversi pur restando ugualmente umani. Siamo l'uno il servo dell'altro: ci serviamo per riconoscerci e per nutrirci.
Ognuno porge al prossimo una portata di umanità con cui sfamarci. Alcune pietanze sono amare, indigeste o appena sufficienti a saziarci. Altre ci fanno ammalare per ingordigia o incompatibilità. Di certe umanità ignoriamo persino che siano commestibili; di altre non sopportiamo nemmeno la vista o l'odore.
Eppure sono parte di quell'enorme banchetto dell'Uno: cibandosene, trasformandole (andando oltre la forma apparente) le rendiamo parte costituente del nostro DNA. Il due diviene Uno, dentro di noi.
Capita che il nostro corpo abbia fretta di espellere la sostanza altra o che vi scateni contro una guerra immunitaria: quella volta non si è fatto Uno. Nel pasto di umanità che ci è stato offerto abbiamo visto solo un nemico e non riconosciuto una delle forme di amore, Uno degli aspetti del Tutto.
La disciplina è quest'insieme di incontri conviviali (etim. vivere insieme) che fa di un individuo un essere umano.
"Essere" è un sostantivo, e pure un infinito (un infinito!!!) e non è riferito a nessuna persona grammaticale: dispone del tempo presente ma anche di quello passato. E tende all'infinito ...
E perciò che si necessita di una disciplina prima ancora che di una mistica. Bisogna apprendere a cibarsi di ogni umana sostanza prima di toccare il divino (Uno).
Dobbiamo imparare a trasformare il veleno in farmaco; a tollerare, accogliere, gustare, nutrirci e assimilare (fare/ considerare simile) tutto ciò che per la propria particolare forma espressiva/manifestazione, non simula o non somiglia a ciò che riteniamo (tenere due volte, trattenere) possa alimentarci, svezzarci (disabituare) e renderci adulti,completi: umani.
Senza essere passati per la disciplina, la mistica si riduce a via di fuga: è un pasto frugale o un antipasto. Gustoso, sì, eppure aprirà appena lo stomaco: resteremo affamati, incapaci a saziarci poiché ancora bisognosi di sostanze costituenti.
Ecco che per molti di noi le mistiche si traducono in attacchi di bulimia: fame d'amore che solo la disciplina può placare.
Il simile attrae il simile. Così per avvicinare il divino bisogna sapersi fare Uno.
Quando una frequenza dinamica entra in contatto con ciò che contiene la stessa frequenza in forma statica, essa inizierà a vibrare.
Poniamo il caso che io abbia in me una frequenza statica di rabbia: la trattengo perché me ne vergogno. Incontrerò una frequenza dinamica di rabbia: qualcuno la agirà verso di me e io inizierò a vibrare rabbia. Posso entrare in risonanza solo con quanto è presente in me, seppur in forma statica da decenni.
Quanto più entro in risonanza con una stessa vibrazione, tanto più spazio occuperà dentro di me e diverrà la mia sostanza costituente.
Il simile attira il simile ed ecco che tutto il mio mondo personale vibrerà di quella frequenza.
E dunque?
Dunque, se in dotazione non è dato essere umano, bensì trattasi di traguardo, veniamo alla Luce con un infinito corredo di sostanze (frequenze) statiche che devono essere attivate.
La disciplina (vita) ha questo ingrato compito di metterci a sedere dinanzi a pietanze (frequenze) differenti per educarci a vibrare all'unisono (armonia) con tutte le nostre corde.
La frequenza dinamica in cui ci imbattiamo (o contro cui spesso combattiamo) siamo soliti chiamarla difficoltà (dal lat. difficultāte(m), comp. di dis- ‘dis-’ e facŭltas ‘capacità', ove "capacità" è la facoltà di contenere, tenere insieme, armonizzare).
A questo punto, io potrei aver riconosciuto che in me c'è rabbia, che questa frequenza è viva dentro di me. Eppure, potrei non accettarla, giudicarla, giustificarla attraverso situazioni esterne, ritenerla causata, o potrei ancora una volta rifiutarla e fuggire da tutte quelle vibrazioni che ne svegliano la risonanza.
Non l'avrei assimilata: non starei andando verso Uno (Universo).
"Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi ....
Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me".
MT 26: 26-29
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