Affare COVID e svelamento di Sé




L'affare COVID ha scatenato il disagio mentale?


È questo che si legge o di cui si sente parlare sempre più spesso.

Non sono affatto d'accordo.

Piuttosto, direi che un velo è stato tirato via.


Ben celati sotto una sottilissima foglia dorata, serpeggiavano da tempo eserciti di disagi mentali come dell'anima; sociali e relazionali ma soprattutto di identità. 


Sino a qualche attimo fa li teneva al guinzaglio la mano della professione; il braccio della mondanità; il polso delle passioni e degli interessi; la stretta della sessualità consumabile; la morsa avida delle frequentazioni circostanziali; le manovre per l'illusionismo di immortalità; le mosse a "partire per dimenticare"; l'astuzia delle periferie estetiche; l'impronta livida delle cantine o la narcosi di successo; la manica larga dell'apparire per un applauso a farsi dimenticare.


Questo era il velo.

E sotto la sua coltre calda si crogiolavano insonnie ossessive e ansiose; depresse e rabbiose; vittime disperate; sensi di colpa e logiche della miseria; proiezioni aggressive e impotenza da rifiuto; vorticosi egoriferimenti e avversioni all'ascolto; nevrosi e ciclotimie; malinconie latenti o sovversive; ribellioni a neon.

E solitudine, vuoto, insoddisfazione, fibrillazione emotiva o urgenza di defibrillazione per inconsapevoli arresti cardiaci. Incertezze, indecisioni, incoscienze, noncuranze, approssimazioni, opportunismi, illusioni, manie di controllo, razionalismi a buon mercato; ombre insaziabili; irresponsabilità e infantilismo; coazioni a ripetersi.


La voglia del nulla: mi piace chiamarla così. Oppure, la tendenza ad "arredare il deserto". 

Ecco, è questo che ha permesso a molte persone di scaricare la responsabilità dello stato sofferente sull'affare COVID: sino a ieri si poteva arredare il deserto e illudere il mondo indifferente che si trattasse di un'oasi.

L'affare ha tolto il velo. 

E la sabbia precipita a peso di ghiaia nell'imbuto della clessidra.


Potrei parlare di terapeuti che durante uno straziante colloquio con il paziente leggono o scrivono sul telefonino per compiangere, ora assieme a tutti voi, la dipartita dell'empatia. O si potrebbe discutere per ore di come sia caduto in miseria il vocabolario di una persona media; di quanto questo incida sul proprio pensiero; o, ancora, sull'incapacità diffusa di riconoscere una propria emozione o riflettersi nell'altrui. Sarebbe forse utile dissertare dell'urgenza generale -seconda solo al rimpinzarsi la pancia- di scivolare in uno stato ipnotico, ovvero non pensare davanti a uno schermo acceso. Peccato che quel monitor sia messo lì giusto per suggerire cosa, quando e come pensare. Al che ne consegue come agire e, quindi, la realizzazione del proprio universo personale.


Malauguratamente tutto questo e molto altro ancora, ha delle conseguenze. Le ha avute.

Non riconoscere e non saper comunicare le proprie emozioni o bisogni porta a non conoscersi o, peggio, a disconoscersi e a rinnegare l'altro. Che, a sua volta, conduce al crollo della fiducia, all'isolamento e al vuoto esistenziale. 

Ignorarsi -e restarsi sconosciuti a indice teso pure dinanzi allo specchio che l'altro ci offre- consente all'Ombra di ciascuno di invadere i territori della propria esistenza: l'Ombra chiederà sempre di essere vista e sa farlo nei modi più vistosamente sgradevoli. Cataclismi ordinari, perdite e mancanze, autosabotaggio, drammi familiari, esclusioni e abbandoni sono alcuni elementari stratagemmi con cui l'Ombra si offre ai nostri occhi per poter essere integrata.


L'affare COVID moltiplica il disagio mentale?

Nient'affatto.

Piuttosto, consente la presa in carica di noi stessi: e scrivo "noi" poiché nessuno sottintenda ancora che si possa evolvere al di fuori di una relazione. Finché le proprie parti interne sono separate, scisse, divise, in conflitto o oscurate alla percezione consapevole, l'altro è il nostro Salvatore.

Che si tratti di un genitore, un amico, un partner, un animale, una circostanza, un'assenza, un terapeuta, un nemico, una guida, un libro, il nostro corpo, un'idea, un pensiero, un desiderio, un'opzione o una paura: l'altro ci svela a noi stessi.


L'affare COVID è il grande altro o il grande fratello che ci osserva affinché noi tutti ci si possa vedere. 

Siamo finiti allo scoperto, fuori dalle tane facili dei vizi mondani -laddove persino recarsi a lavoro era divenuto un confortevole vizio- e ora, venuti alla Luce, si deve trovare il coraggio di essere nudi.

Di essere umani. 

E fragili.


È solo attraverso questo passaggio, dal ritenersi vittime all'assumere su sé la responsabilità del proprio stato che per ognuno si svela la possibilità di salvezza, di interezza. 


Ha inizio così il lavoro su se stessi, quello che consente a ognuno di noi di farsi uomo, di sapersi libero, di tendere al sacro.



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