Lasciar andare. O il passo nel vuoto.

 



Perché lasciare andare è importante?

Quando ci ostiniamo a trattenere qualcosa, che si tratti di una condotta, un'idea, un obiettivo, un ricordo passato che aneliamo riconnettere al futuro, stiamo disperdendo il nostro potere, la nostra energia.

Fosse anche sulla strada del nostro cammino, ciò che desideriamo tanto e con tanto attaccamento, non si presenterà: incontreremo ostacoli e ritardi o semplicemente non sapremo coglierlo.

Ciò è dovuto proprio al fatto che abbiamo sprecato energia: non ne abbiamo a sufficienza per progredire in questa fase del percorso.

E in che misura la propria energia va dispersa se invece ci sentiamo focalizzati su un obiettivo ben preciso?

La maggior parte dei nostri obiettivi/attaccamenti appartiene a due ordini.

Il primo è il mondo materiale, il fenomeno, le cose e i nomi: salute, denaro, partner, successo; la casa, i figli, il lavoro, l'estetica.

Il secondo ordine è "negativo": "non voglio più fumare"; "non voglio più relazioni tossiche"; "non voglio lavorare dieci ore al giorno per vivere"; "mi manca rilassarmi"; etc.

Alcuni attaccamenti appartengono a entrambi gli ordini: "non so stare da solo; mi manca un partner".

Molti di noi percepiscono solo il desiderio, la tensione verso l'oggetto o ne soffrono la mancanza. Questo sentire è un'energia che va dalla mente all'oggetto: si disperde verso l'esterno. Qui perdiamo molta energia: è quella che lasciamo andare.

Fin tanto che non si intervenga con attaccamenti personali, la natura dell'energia è tale da poter assumere tutte le forme: nel mondo delle cose, come nella dimensione meramente energetica.

Vale a dire che quel potere che si avverte come desiderio o mancanza può essere condensato in oggetto o fenomeno oppure trasformato in libertà.

L'oggetto del mondo delle cose, in quanto fenomeno, prima o poi verrà meno: salute, denaro, avvenenza, relazione.

La libertà è invece propria all'animo umano: gli appartiene e, quindi, più che conquistata, va scoperta. Siamo nell'ordine dei processi di consapevolezza.

Ci sono circostanze in cui il desiderio/attaccamento per un oggetto come il lavoro, libera comunque nostre capacità: la responsabilità personale, per esempio. Prerequisito, questa, di ogni libertà.

L'oggetto anelato è solo l'innesco; il moto del desiderare seppur estroverso ci ha condotti a noi stessi: potrebbe darsi che il lavoro si perda ma avremo pur sempre la responsabilità personale.

Questo grado di consapevolezza si ottiene con un lavoro su stessi fatto a posteriori: rielaborando e misurando fallimenti nel mondo fenomenico e conquiste energetiche o del Sé.

Diversamente, si può apprendere a lasciare andare a priori: riconoscendo che il movimento interno di anelare a qualcosa del mondo, è solo un campanello, un segnale per indicarci che siamo pronti a ricevere, a scoprire un territorio di noi stessi e a conquistarlo; a regnarvi sopra. 

L'oggetto anelato va dunque con-siderato, più che de-siderato: non perseguito ma lasciato andare. Che sia la mancanza di qualcosa a languirci l'animo o la brama di qualcuno a risvegliare il cuore, si lasci andare l'oggetto e si permetta a quel moto di riconoscere la sua Sorgente.

Il ricercatore che si addentri in questo ordine (sfera energetica o della consapevolezza) non disperde potere verso l'esterno: l'oggetto di conquista, così come il movimento del desiderio, resta invariabilmente orientato a se stesso.

Nell'ordine energetico o della consapevolezza, dunque, il lasciar andare è il primo passo levato da terra: non si resta immobili ma nemmeno si scarica il passo al suolo. Si stacca un solo piede dal terreno fenomenico. Mentre una parte (il corpo e la mente) resta radicata nella sfera delle cose (mondo materiale), l'altra si sospende nella dimensione grazie alla quale questo mondo materiale può manifestarsi: il vuoto.

Il vuoto è l'origine di tutte le possibilità, manifeste e non.

La sospensione del passo nel vuoto equivale, per il guerriero o ricercatore, a lasciar andare: l'energia non viene scaricata sul terreno fenomenico. Quell'energia resta. 

E resta come potere di libertà di manifestarsi o meno; di farlo in una direzione o in un'altra.

È, questa consapevolezza che precede l'azione come la non azione, la grande riserva di potere/libertà del guerriero che sa lasciar andare l'impulso all'attaccamento. Che impiega quell'energia per costruire se stesso.



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