"Ma che cazzo c'hai da essere felice?” Dal Counselling all'Anima

 


C'è un grande onore nel poter lavorare con anime antiche chiamate a risvegliarsi.

È così che posso descrivere ciò che sento ogni volta che una di queste anime varca la soglia del mio studio e mi chiede di essere accompagnata per un breve tratto.

Quando, durante un percorso di Counselling, si giunga al termine della prima fase di lavoro su disagi dell'ego (relazioni, famiglia, comunicazione, insoddisfazione, autostima, professione, indipendenza, bisogni, identità) in alcuni casi ci si imbatte nella luce di un’anima che avvia il vero lavoro sul Sé.

Si opera, dunque, sul riconoscimento della bellezza Universale.

Arriva un momento in cui l'anima prende a brillare intensamente ma la persona seduta nel mio studio non ne è ancora consapevole: l'ambiente in cui vive non è in grado di riconoscere la luce emanata dall’anima e l’individuo soffre le pene della non accettazione.

Questo non riconoscimento è una ferita che si apre molto nel profondo e bisogna avere cura di non ridurla a mere cause psicologiche: non va risanata ma portata in superficie e vista per ciò che realmente è. Non occultata dietro pretese scientiste.

 Avviene che l’anima incominci a percepire l’interrelazione tra Sé e ogni essere, ogni cosa. E proprio mentre vive questa consapevolezza quasi sensoriale di essere legata a tutto, e ogni cosa a Sé, la persona che occupa la poltrona del mio studio riceve dal proprio ambiente solo indifferenza e rifiuto!

Improvvisamente avverte di essere drammaticamente isolata e, conseguentemente, ritiene di essere sbagliata: “Sara, deve esserci qualcosa che non va in me. Non riesco a farmi comprendere da nessuno! Mi sembra di avere intenzioni buone ma i feedback che ricevo sono di aggressione, rabbia, invidia. Se mi va bene, mi ignorano. A volte è come se fossi invisibile”.

Qui entra in gioco il mio lavoro: restituire la Luce, alla Luce; riconoscere l'anima. Dirle: “io ti aspettavo; grazie per essere qui”.

L'anima non riconosciuta arriva con disagi di solitudine e potente frustrazione.

Per lei è ormai tutto semplice: amare, comunicare, avere compassione; sentire ciò che l’altro sente; entusiasmarsi per la bellezza rinvenuta ovunque; gioire, abbracciare; parlare con piante e animali e intenderne il verbo; vivere!

Eppure, il mondo sembra sordo a questo melodioso canto cui la persona fisica fa da amplificatore e risonanza.

Ecco che l'ostacolo a manifestarsi o riconoscersi non è più (come è per la maggior parte degli individui) la mancanza di motivazione o energia; la paura legata a qualche riduttiva idea di sé; o altri limiti personali, dell'ego.

Al contrario.

Nella percezione di non avere più limiti si incontra il limite di non poter donare agli altri questa infinita beatitudine.

A quest'anima in manifestazione posso dire: “io ti vedo. Sono abbagliata dalla tua luce. Sono immensamente grata di poterti ammirare. Tu sei un dono che l'Universo offre a se stesso, attraverso la tua persona fisica. E lo so che ora sei considerato dai più alla stregua di una mina vagante che farà esplodere le mura di cinta delle loro identificazioni; per molti sarai lo spillo pronto a fare scoppiare la bolla illusoria delle loro certezze. Vedranno solo rabbia laddove tu emani forza e assertivita' poiché non sono in grado di riconoscere vibrazioni non umane; percepiranno inutile saccenza nella tua conoscenza poiché non sanno ciò che la ragione non potrà mai sapere; vedranno ribellione e follia quando parlerai di un mondo a cui sono ciechi poiché non è alla vista che si rivela il reale. Si sentiranno criticati e non riconosciuti quando invece di commiserare le loro fragilità tu sosterrai i loro punti di forza. E non capiranno mai vedendoti ballare . Ti chiederanno se fai uso di droghe, se hai bevuto o se hai vinto la lotteria: dannazione, ma che cazzo c'hai da essere felice?"

“Come sai di questa frase? Mi hanno vessato con questa domanda: ‘che cazzo c’avrai mai da essere felice?’”

“È uno dei segnali, ***. Non sei più riconoscibile: il mondo non ti riconosce più. Anche Gesù risorto non venne riconosciuto!”

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Sì, c'è gente che prende appuntamento nel mio studio per eccesso di gioia: nell'impossibilità della condivisione.

È allora che danziamo assieme: celebriamo la vita e ringraziamo la luce.

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"È una cosa così semplice, Sara ... Perché non la si può fare con altre persone?

La gente va (o andava) in discoteca per ballare ... Per evadere, stordirsi, rimorchiare ... Quanti ballano perché sono nati in quell'istante come me, ora?"

"Ce ne sono, ***. Oggi la tua danza è potente poiché tu la possa riconoscere come forza e natura che è oltre ogni anagrafica, ogni biologia, ogni costrutto psicologico, oltre tutto ciò che puoi definire ‘io’ o ‘mio’. Ed è una potenza gioiosa.

Ma da ora in poi verranno a trovarti potenze malinconiche o tristi, rabbiose, sofferenti ... e dovrai danzare anche per loro e con loro".

"Sì, lo immagino. E so che non sarà così gioioso..."

"Oh, sarà devastante all'inizio. Crederai di essere impazzito. Non ravvedrai in nessuna contingenza la causa di quell'oscuro sentire ma comunque l'ego e la mente proveranno a impadronirsene e a cercare motivazioni plausibili; a razionalizzare; a istituire nuovi regni di colpa o dolore.

Tu danza."

"Ho sempre creduto che dal counsellor ci vada chi ha problemi ...."

"O chi dei problemi deve liberarsi".

"Io sono libero?"

"Stai conoscendo la libertà".

"Perché è così forte da sentire di potere ogni cosa e, allo stesso tempo, così amara da incontrare solo frustrazione e non riconoscimento?”

"La persona che è ancora in te brama la condivisione: vorrebbe far fruttare quella potenza a scopo personale. Vuole goderne. E farne cosa propria. Ma quella potenza ti attraversa ora proprio per spaccare i tuoi confini personali. Non puoi impossessartene. Questo è uno dei motivi per cui ti senti rifiutato.

Per la mente è impensabile avere tanta energia e non poterla convogliare nel raggiungimento di un obiettivo personale: dal successo professionale alla realizzazione di un desiderio; oppure, semplicemente, l’io non accetta di non poter gioire assieme ad altri di tutto questo. Non accetta di non poterne fare esperienza corporea, o storia personale in cui crogiolarsi al ricordo futuro. Non accetta di non poterne fare un’identificazione personale che avverebbe, se gli altri ti riconoscessero in questa beatitudine. È un destino molto cristico se consideri..."

"È vero... Gesù..."

"L'affermazione dell'universale passa sempre per la distruzione di ciò che è personale: la tua persona vuole connettersi con altre persone; mentre l'Universo in te dice: ‘sei già connesso; sentilo e riconoscilo attraverso te stesso. Hai bisogno di sentire e non di farti sentire'. Sei connesso all'Universo e non alle persone.

La persona è ciò che frantuma l'Universo: non connetterti a frammenti. Lasciali franare in rovina. ‘Lascia che i morti seppelliscano i morti'. Tu continua a splendere."

"Non è egoismo?"

"È egoista il Sole che sorge dopo la distruzione a opera di un terremoto?"

"No ... è la natura".

"È egoista un cane che piscia sulle rovine sotto cui sono sepolti corpi?"

"È la natura".

"È egoista un uomo che si spacca le mani per salvare altri uomini dalle macerie?"

"No. È la natura umana".

"È la natura umana.

Si.

E convive con il divino o l'universale: con il piscio e lo spettro di luce. E non c'è differenza.

La mente, che non convive con tutto questo -che non vive affatto- costruisce l'inferno in cui solo può abitare: la differenza".

"Mentre parlavi credo di aver perdonato alcune persone ... oddio... è bellissimo... grazie …"

"Questa bellezza è ciò che sei. E che sei sempre stato, ***".

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"Sara, ora ti chiederei di rivederci la settimana prossima e ballare ancora ... ma... non so cosa sarò chiamato a manifestare tra una settimana. Per cui… ci possiamo lasciare senza obiettivi?"

"Ma naturalmente, ***. E con immensa gioia".

"Grazie per il tuo lavoro".

"Grazie per avermi offerto il tuo".




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