LA MASTURBAZIONE PLEONASTICA NELL'EROTISMO SOSTANZIALE



 “LA MASTURBAZIONE PLEONASTICA NELL’EROTISMO SOSTANZIALE" ....


Oggi non parleremo di questo. Ma almeno hai letto fin qui e te ne sono grata.

Non vi parlerò nemmeno delle vittime di partner narcisisti. Non vi parlerò proprio di vittime poiché, a mio avviso, quella della “vittima” è un’idea tossica e fin troppo comoda da assumere su se stessi.

Ho deciso di parlarvi non del bisonte del narcisismo ma del lombrico.

Non esiste soltanto il narcisismo patologico di cui è moda parlare negli ultimi anni offrendo facile consolazione e identificazione a quelli che “sono stata/o vittima di un/a narcisista”!

 Parliamo oggi di un narcisismo considerato non patologico ma, a mio avviso, più insidioso.

Questo piccolo lombrico narcisista striscia sul terreno culturale della nostra società, nel vuoto lasciato dal modernismo. E si dimena in molti di noi.

Di cosa si tratta?

Di super poteri e supereroi. 

Vi stupireste a sapere quanti sognano o sono convinti di avere un super potere. Un esempio? “Faccio guadagnare alla mia azienda settordicimila euro al giorno”!

Ma gli incantatori della grandiosità si nascondono ovunque: “ad un uomo posso far fare tutto quello che voglio!” oppure: “ puoi dire quello che vuoi su di me tanto non mi ferisce nulla; io sono super felice e mi basto” o ancora: “io posso fare tutto quello che voglio”. Ma anche; “mi sento un alieno; sono diverso dal resto dell’umanità; posso farti scoprire i tuoi poteri nascosti; nessuno può amarti come ti amo io”.

Cosa hanno in comune questi personaggi e molti altri ancora? Indossano tutti una tutina da supereroi, quindi hanno, ovviamente, super poteri. E vivono su un palcoscenico: poco importa che sia la cucina o l’ufficio, il banco di scuola, la palestra o un social! Quello è lo spazio in cui va in scena il mito!

Lo show si fa tragedia poiché queste persone si sentono costantemente obbligate a fare della loro vita uno spettacolo meraviglioso (che susciti meraviglia). E solo questa grandiosità, a loro avviso, rende l’esistenza degna di essere vissuta.

Da piccoli erano gli studenti modello, quelli più emulati dal gruppo, i figli ideali, i giovani rampanti, l’amica sempre disponibile, etc. Queste erano le tutine stampate con l'iniziale del proprio nome.

Ma quanto è costato quel costume di scena?

Per acquistare e mantenere lucido quel costumino abbiamo dovuto rinunciare a molto: riposo, fragilità, benessere; il lusso di sbagliare e anche di sbadigliare; la delicatezza, una lacrima; un rutto di sazietà. Abbiamo dovuto rinunciare a chiedere un abbraccio o una carezza, un conforto o la vicinanza; a rincorrere un sogno o giocare; a pregare di essere ascoltati o supportati; ascoltare la voce tremula dei nostri bisogni e condividerli; avere fiducia di essere visti e accolti: non solo a seguito del primo rifiuto e non soltanto dopo il quattordicerrimo “no”.

Perché abbiamo dovuto rinunciare a tutto questo?

Per un vissuto personale che si è forse perduto nella nostra infanzia e per un sostrato culturale che loda i costumini fantastici! 

Abbiamo appreso che se fossimo “normali”, umani, non verremmo più amati: senza il costumino siamo solo Clark Kent, privi di valore e, conseguentemente ci abbandonerebbero all’istante tutte le persone che ci ronzano intorno!

Probabilmente, c’è del vero in quest’ultima parte! È vero che abbiamo educato il proprio entourage alle nostre grandiose prestazioni: questo si aspettano da noi. Soltanto così siamo riconoscibili, ormai. Siamo quelli dalla battuta sempre pronta o con le mani d’oro; quelli che accorrono e soccorrono e quelli indistruttibili. Dispensatori (o dispenser?) di forza al quadrato e collezionisti di bacchette magiche d’autore! Siamo quelli che con un sorriso obliquo mettiamo tutti a tacere e il cui misterioso nulla vale sempre la pena! Sono i nostri super poteri, no?

Col potere della velocità, della trasformazione, della moltiplicazione di pani e pesci, dell’invisibilità, del volo, della forza, del teletrasporto, etc ci siamo allontanati anni luce dai nostri semplici sogni e desideri.

Il termine “semplice” per questo lombrico che ci striscia dentro equivale alla criptonite per Superman!

Per anni lucenti ed età dell’oro, le nostre smaglianti tutine hanno sfrizzolato il nostro orgoglio conquistando onori e medaglie. Il popolo unanime ci riconosce come magici pifferai e nessuno osa dire: “il re è nudo!!”

Ma un bel giorno a quella tutina viene meno una cucitura e il superpotere va a farsi fottere!

Senza costumino non possiamo più calcare la nostra scena gloriosa e giù dal palcoscenico ci attende la vestaglia della semplice realtà!

Lo scontro con il reale (siamo nudi ormai) ci mostra i nostri limiti. Tutto il pubblico continua a guardare la scena ma noi non ne facciamo più parte. Improvvisamente nessuno ci nota, anzi: diamo proprio fastidio perché impalliamo la visuale altrui. Come faremo ora, senza superpoteri, a combattere per conquistare amore o attenzione, riconoscimento o approvazione? Come potremo dimostrare di essere forti, liberi, autonomi, efficienti, indipendenti, guerrieri…in vestaglia?

E come affronteremo tutte le battaglie, i nemici, i mostri, le minacce a cui la nostra precedente interpretazione ci ha portato a credere: per davvero!!!! 

Cosa possiamo fare per non fallire?


Per prima cosa faremo questo: daremo la colpa a qualcuno o a qualche cosa che sta lì, fuori da noi. Sarà un transito sbagliato, un numero uscito male alla tombola dell’enneagramma; un cibo avariato, un vicino maledetto, le “du gocce de pioggia che bloccano Roma” (anche se ci troviamo a Pescara!); il governo ombra o i traumi -che poi è la stessa cosa – (questa è sottile! Ndr).

In fondo ci è chiaro che non è così e che non tutte le giunte Raggi vengono per nuocere. Eppure, dobbiamo dare un significato logico, analitico, razionale, comprensibile, soprattutto, a ciò che ci sta accadendo. Dobbiamo costruire una nuova storia su questa debolezza improvvisa: trovare il nuovo edificante nemico che ci faccia sembrare un nuovo supereroe!  E dovremo farlo in fretta: prima che cali il sipario! E nel frattempo incominciamo a credere di non valere, di non essere all’altezza; di non potercela più fare e che è giunto il nostro ultimo momento (alcuni di noi si  sentono davvero così: non è uno scherzo)! Senza lo straordinario potere del costume di scena ci sentiamo morire. E la vita non ha più senso.

A volte quel superpotere era l’idillio di un amore o il legame speciale con un figlio; un bancomat autorizzato a ricaricarsi o la bellezza del nostro giovane viso. Era il nostro super potere e ora -cazzo!- cosa sta accadendo???

Cos’è che non afferriamo e che dobbiamo necessariamente spiegare a noi stessi?

La normalità.

Quella fatta di limiti e impossibilità; di sconfitte piante sotto le stelle e di sorrisi affaticati all’alba, con l’aspirapolvere tra le mani.

La normalità di una camomilla calda per dormire una notte di pensieri o di una voce rotta che dice: “scusami, oggi non riesco a lavorare, ho un peso sul cuore e mi tremano le mani a doverlo sostenere tutto il giorno. Ti va se lo poso sul cuscino per questa giornata? Magari domani andrà meglio”.

La normalità non la sappiamo più comprendere. C’è questo lombrico del narcisismo che si dimena dentro e dice che è noiosa, che non ha senso, è ripetitiva, che è il nulla! 

È poi è piena di nemici: non sono forse nemici pericolosi quelli che la pensano diversamente da me?? O sono normali loro (che schifo allora la normalità!) o sono normale io (che schifo la normalità!). La semplicità è banale: ma come fanno gli anziani a eccitarsi di fronte a un cantiere? 

Abbiamo paura di tutto quello che non è familiare e allo stesso tempo proviamo ribrezzo per tutto quello che è familiare.

Se la semplicità è banale non posso rischiare di essere semplicemente ciò che sono. Se la normalità è noiosa devo diventare superanormale!

“Scusa da quanto non scopi? Minchia, tre anni!!! Ma tu non sei normale! Racconta!”

“Scusa, quante te ne sei fatte ieri? Minchia 5! Ma tu non sei normale! Racconta!”

“È un mese che non trombi! Sei sfigato!”.

“Ma no, che vuol dire ..Sono solo un uomo che semplicemente…”

“Che hai detto?”

“Che sono un uomo che sempli…”

“Non lo dire! Non ti posso sentire. Ho da fare, guarda…devo salvare questo asteroide che sta per scontrarsi con un pianeta esattamente tra….ventredici anni luce!”.

“Ma posso essere un bravo amico….”

Puff!


Chi siamo senza super poteri?

Quali parti di me nascondeva la ridicola calzamaglia fuxia scucita ora altezza ano?

Come è doloroso non sentirsi amati e non occupare più il pensiero di nessuno. Perché non squilla il telefono? Cosa devo imparare a fare in modo eccellente per avere un po’ di amore in questo mondo?

E l’isolamento, la rinuncia, l’evitamento sembrano gli unici poteri rimasti sebbene non si conquisti nulla con quelli! Però, quanto meno non si rischiano le ferite mortali del rifiuto.

E poi un giorno, la semplicita’ di un amico viene a rimboccarti le coperte quando stai male o ti accompagna a vedere le lucciole sulla Via Collatina (a Maggio potrebbe portarti a Villa Ada ma a Novembre, abbi pazienza, le uniche lucciole che puoi vedere sono quelle in tacchi a spillo!).

La normalità di un senzatetto ti offre un fazzolettino perché ti cola il naso dopo aver pianto.

L’amore di un cane reclama la tua attenzione. L’amore di una coinquilina russa nell’altra stanza e ti ricorda che non sei solo.

L’amore di un messaggio di scuse o di ringraziamento accende il tuo cellulare ancora carico dal '96! L’amore di un meme per il buongiorno con una bestemmia ti fa ridere. L’amore del sole  danza con la polvere della tua camera. L’amore di un silenzio durato tre anni ti fa urlare quanto dannatamente ami quella persona che ti ha fatto tanto soffrire proprio perché la ami tanto.

Woww

Siamo normali!

Lo siamo con il trucco sciolto e la ricrescita dei peli. Lo siamo con le caviglie gonfie e il soufflé ammosciato. Lo siamo in un impeto di rabbia in un supermercato o con l’ansia da colloquio di lavoro. Lo siamo con i kili di troppo e con una bugia; col bisogno di tenerezza a 55 anni e un primo appuntamento finito col vomito. Siamo normali mentre spazziamo le briciole sotto il tavolo e ascoltiamo la quarta versione di una barzelletta sconcia che ci farà comunque ridere perché è assurdo che ce la raccontino ancora! Siamo normali quando un figlio ci dice che ci vuole bene pretendendo di essere compreso su tutte le sue assurdità mentre con il vicinato usa il galateo! Siamo normali accovacciate, spalle al termosifone e pigiama nel calzino, come facevamo un tempo con la scusa delle mestruazioni che non abbiamo più. E reiterando questa semplice normalità ci accorgiamo che saperla vivere è un superpotere: che fragili, deboli, imperfetti e fallimentari possiamo salvare il mondo salvando noi stessi. Che lottare per un sorriso vale più di una promozione. Che la scorreggia di un amico in cucina unisce più di un patto di sangue. Che lei sbaglia un congiuntivo e succhia nel cucchiaio ma poi mi sorride e allora posso sbagliare un condizionale anche io.

Dove si nascondeva questo superpotere di amare?

Si nascondeva accanto, vicino, a fianco, di fronte, dietro, attorno, appresso, davanti… come un limite!




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