LASCIAR ANDARE ...
Lasciar andare...
Quante volte cercando soluzioni al nostro dolore abbiamo letto questa frase?
Ce la ripetono gli amici e persino alcuni professionisti dell'aiuto.
Ma perché per alcuni di noi è così difficile lasciar andare?
Restiamo attaccati a un evento del passato, a un dolore o a una delusione, a un abbandono, a una paura, a una convinzione limitante di noi stessi ma anche all'idea di un amore romantico; alla convinzione che le cose o il mondo dovrebbero andare diversamente da come vanno; alla convinzione che la nostra vita avrà inizio solo quando riusciremo a fare/ottenere/ annullare quella determinata cosa.
Questo attaccamento genera un dolore continuo che spesso corre sotto la superficie delle nostre condotte apparenti. Non si vede ma continua a lacerarci.
E pare auto alimentarsi: si rigenera ogni volta; si ripete ed è sempre più attuale. Sembra provocarci in due direzioni opposte e contrarie: da un lato, la ripetizione ci convince ulteriormente che non riusciremo mai a lasciar andare quel contenuto; per un altro verso, le repliche ci invitano a chiudere un ciclo.
E allora: perché non riusciamo a lasciar andare?
L'attaccamento a un contenuto emotivo o a una convinzione è solo la punta dell'iceberg: è ciò che si vede. Non sempre è il problema.
Molto spesso, invece, l'attaccamento è funzionale a qualcos'altro, è uno strumento o un mezzo: ci tiene agganciati a sé.
Questa sostanza appiccicosa ci mantiene nella propria sfera per impedirci di entrare in contatto con altre sostanze interiori.
Cos'è che non possiamo sentire? Di cosa si tratta?
La colla tiene insieme i pezzi e l'attaccamento ha proprio questo scopo: non farci entrare in contatto con la nostra frammentazione interiore.
Dov'è che siamo andati in pezzi? E perché non ne abbiamo memoria?
Privati di quelle parti di noi stessi a cui non abbiamo più accesso, ci manca il sostegno per restare a galla. L'attaccamento funge, dunque, da salvagente: è per questo che non possiamo lasciar andare.
Nel tentativo di evitare il dolore, avremo finito per evitare ogni cosa ed eretto confini oscuri, limiti (attaccamenti), per contenere l'illusione di restare vivi.
Per lasciare andare, dunque, è necessario riportare luce in quell'oscurita' ostentata.
Ciò equivale a formare una nuova coscienza ovvero, ripercorrere i tratti dolorosi della nostra vita, tenendo gli occhi, questa volta, ben aperti. Allora si comprende in quali e quanti modi ci siamo sentiti feriti e in quali e quanti modi abbiamo evitato il dolore ritenendoci intoccabili o troppo fragili: in verità stavamo solo amputando (frammentando) parti di noi stessi.
L'attaccamento è nato per farci galleggiare su questo oceano scuro di dolori incompresi: non può essere lasciato andare con leggerezza finché non si accetti che è proprio quel mare a sostenerci con i suoi relitti e i suoi tesori affondati. È l'invito ai mondi sommersi, alla profondità; alla totalità di essere UNO con ciò che ci è intorno; a sacrificare (fare sacra) la sofferenza individuale per non sentirci sempre attaccati personalmente da un mondo (nostra estensione) che non si comporta come vorremmo.
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