UN POSTO PER L'ANIMA
Nel cammino verso la conquista dell’autostima
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abbiamo visto che stiamo trattando dell’insieme dei giudizi valutativi sulla propria personalità.
Da dove vengono? A chi appartengono questi giudizi?
Al mondo. Alla vostra storia personale, famigliare, culturale, morale, estetica, etc.
Di questi giudizi del mondo su voi stessi, voi ne avete fatto la personale eredità e discendenza.
L'innato bisogno di appartenenza è soddisfatto poiché sentite di appartenere al mondo avendone adottato i valori. Così come si appartiene a una famiglia ereditando e facendo propri i segreti di famiglia (“cosa non voleva mai mostrare la mia famiglia?”),le ricette della nonna, le usanze, le abitazioni, le professioni, le condotte, le parole, le espressioni, le opinioni e le fedi (religiose, politiche, sportive, razziali), etc.
Con questa eredità di stima (quanto valete dipende da quanto riuscite a interpretare bene il copione ereditato) cercate di realizzare i vostri sogni.
Non lo sapete ma contrapponete i vostri sogni all’eredità, all’appartenenza.
Quindi: da una parte c’è il bisogno di appartenenza che vi suggerisce cosa essere (cosa!) e dall’altra ci sono i vostri sogni che spingono a dimostrare che siete altro (siete!).
Solo questo è il valore dei sogni di realizzazione: portarvi così lontano (più sono grandi i sogni più lontano andrete) da spezzare il cordone ombelicale che nutre ancora la vostra personalità (l’eredità, il senso di appartenenza, la stima di voi stessi o autostima).
E quanto più avrete desiderato appartenere al mondo, tanto più dura sarà la lotta per liberarvi: desidererete sempre di più; vorrete ottenere sempre risultati migliori; vi sentirete sempre insoddisfatti; la vita sarà una lunga, estenuante, battaglia.
Questo perché voi appartenete al mondo! Il solo fatto che vogliate migliorare la vostra personalità, l’immagine di voi stessi da offrire al mondo, l'aspetto fisico, status, cultura, ne sono la prova.
L’autostima è migliorabile, questo è vero: esistono infinite tecniche per farlo e ve ne ho offerte alcune👉
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Ma questo percorso può solo migliorare il vostro senso di appartenenza: siete oggetto (oggetto!), prodotto, del mondo. Nulla più.
Chi percorre questa strada deve sapere che per lui sarà importante scegliere cosa fare, come vestire, come apparire. Qui, fare una cosa piuttosto che un’altra fa la differenza: desiderare o avere un partner con cui ricostruire un senso di unione e appartenenza primordiale diviene importante!
Lo vedete?
Avete spostato il bisogno di appartenenza eppure resta lì nel mondo: è la famiglia? È il lavoro? È il riconoscimento? È un partner? È sempre lì.
Nel mondo questo bisogno di unione o appartenenza viene agito attraverso scelte o non scegliendo affatto per paura di spezzare il cordone ombelicale (“resto il bambino di mamma e papà: appartengo ancora a loro”).
Nel caso in cui non vogliate scegliere, creerete tutta una serie di impedimenti per giustificare il fatto di non avere scelta: “non posso separarmi perché mia moglie è malata”; “vorrei andare via di casa ma mia madre è anziana e sola”; “avrei viaggiato per il mondo se la mia salute fosse stata migliore”; “la verità è che: non ho tempo, non ho soldi, non ho talento, non ho volontà, non sono abbastanza forte o non sono abbastanza qualcos’altro!”. E così via.
Torniamo ora al bisogno di sentirsi in unione: è innato e molto forte in ognuno di noi (lo abbiamo in dotazione per il solo fatto di esistere) e, pertanto, dirige quasi tutta la nostra vita. Persino la tendenza a isolarsi dal mondo risponde a questo bisogno di unione primordiale (“nella solitudine ritrovo me stesso”) esattamente come avere tanti amici o un partner speciale; come il desiderio di avere figli o adepti; come meditare in silenzio 3 ore al giorno o lavorarne 12; come l’estasi di fronte a un tramonto o la sbornia!
Forse ora vi sarà chiaro perché se per conseguire una buona autostima (o buona appartenenza al mondo) sia importante scegliere cosa fare e cosa (cosa!) essere, per soddisfare il bisogno di unione, invece, non fa nessuna differenza concentrarvi su qualcosa di specifico.
Il bisogno di unione è parte della vostra essenza e non della personalità, che invece si esprime per stima e appartenenza. Il fraintendimento nasce quando cercate di tradurre il linguaggio dell’essenza umana (unione) nel linguaggio della personalità (stima, valore, apparenza per appartenenza).
L’essenza umana non è nel mondo ma dentro di voi e, dunque, non può cambiare come cambia il mondo o il vostro aspetto o la personalità! E per quanti sforzi facciate, non la raggiungerete mai agendo nel mondo. Pertanto, continuando ad agire esclusivamente nel mondo (cibo, droghe, sesso, relazioni, denaro, forma fisica, status, successo, approvazione), resterà vivo quel prezioso senso di vuoto, o insoddisfazione o frustrazione che vi segnala un bisogno di unione a cui non rispondete.
L’essenza comunica con voi attraverso il bisogno di fondervi con ogni cosa che vi circonda.
La personalità crede che per ottenere questo ci siano regole e condizioni da rispettare; obiettivi da conseguire.
Dal punto di vista della personalità vivrete fallimenti, difficoltà, impedimenti, rallentamenti e frustrazioni fino a non sentirvi abbastanza qualcosa (qualCOSA!).
Dal punto di vista dell’essenza, relazioni, professione, salute e storie di vita hanno valore (a prescindere dal loro esito) soltanto perché sono messe lì a rivelarvi un aspetto dell’essenza stessa.
Non importa se nel mondo otterrete o perderete. Importa se si sviluppa o meno la coscienza dell’essenza in voi.
Tutta la vostra invidiabile o miserabile vita serve soltanto a questo. E, dunque, ogni sforzo volto a migliorare l’appartenenza al mondo (denaro, successo, aspetto, relazioni, etc) è vano e perduto se non offrite la stessa cura al vostro interno, all’essenza, il cui scopo, lo ricordo, è di realizzare l'unione con tutto ciò che vi circonda (attenzione: ci sono molte sostanze che vi circondano ma non sono materialmente visibili. L’invidia, la paura, l’odio non sono sempre visibili; ma neppure gli antenati o lo Spirito, lo sono).
Ecco che ogni difficoltà o conflitto, desiderio o sogno che si manifestino per voi (per voi: è un dono!) nel mondo, divengono allarmi sensoriali per ricordarvi di dirigere l’attenzione all’essenza. Ogni difficoltà o desiderio vi dice: “attenzione! Stai deragliando!”.
Questo non vuol dire rinunciare a sognare o a lottare: piuttosto a usare sogni e battaglie per fare luce sull’essenza; per invitarvi a non cercare identità o identificazione con l’oggetto del desiderio o con la difficoltà (sono strumenti di lavoro come lo è un’affettatrice per un salumiere!).
Nel mondo vedete una sedia.
Avrete:
1- L’idea estetica: è bella o brutta.
2- La sensazione: “mi piace o mi disgusta" (investite la sedia del compito di soddisfare il vostro piacere, di farvi sentire il piacere: leggasi ussuria).
3- La sensazione di rilassamento: “mi posso sedere”.
4- La difesa dell’immagine di voi stessi: “mi posso sedere? Penseranno che sono pigro?”
5- Le minacce della vostra autostima: “mi posso sedere? Questo fa di me un pigro?”
6- Un ricordo e/o un’emozione: “sembra la sedia su cui stava mio padre”.
7- Un ricordo o un’emozione non consapevole: non ve ne rendete conto ma il vostro corpo si siede proprio come faceva vostro padre.
8- Un rifiuto: “mio padre si sarebbe subito seduto. Io non sono come lui!”.
I punti da 1 a 7 sono il vostro mondo: cordone ombelicale, stima, eredità, desiderio di affermazione etc.
Di fatto siete solo davanti a una sedia.
Tutto quello che emerge in voi di fronte a una sedia parla della vostra essenza, pur non essendo l’essenza.
Prendete il punto 7: “mio padre si sarebbe subito seduto. Io non sono come lui!” Questo processo può essere parzialmente consapevole: “non mi siedo perché non voglio sentirmi come una persona che non stimo”; o totalmente inconsapevole: “non ho voglia di sedermi ma non so il perché. Non mi va e basta!”. La vostra scelta sarà inevitabilmente accompagnata da sensazioni, emozioni, stati d’animo o pensieri: fastidio, cattiva disposizione, chiusura, rifiuto, irritazione, impazienza, mancanza di controllo. Tutto questo vi dice che siete in relazione solo con voi stessi: con idee e giudizi sulla vostra personalità e sul vostro passato: non può entrare nient’altro attraverso queste strette sbarre della mente!
E vi dice che non siete in unione neanche con un semplice oggetto come una sedia: che non riuscite a vederla, ad accettarla per ciò che è; che la colpevolizzate d'aver suscitato in voi un ricordo o una sensazione irritante; la accusate di aver portato (con consapevolezza o meno) l’attenzione dentro voi stessi. E questo vi irrita.
Quella sedia è un dono: vi ricorda cosa (cosa!) credete di essere e per colpa di cosa; e vi ricorda chi siete e che dovete andare a cercarvi.
Quella sedia è il trono dell’anima.
Accomodati.
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