DIPENDENZA DA SCARPE STRETTE

 



 "È precisamente così che vivo:


voglio una dose per ogni disagio e un disagio per assumere una dose!" 


conclude F. seduto nel mio studio.


Ma di quale sostanza stiamo parlando?


Un ordine su Amazon; una nuova conoscenza virtuale; andare a correre; un'altra birra; un'altra canna; una telefonata all'amico; un cibo gratificante;  un altro lavoretto in casa; un'altra puntata della serie preferita; un nuovo problema; un'altra avventura sessuale; etc.


F. deve necessariamente tenere occupato il suo corpo o la sua mente: distrarsi, stordirsi, intrattenersi.


Se da un lato F. evita a ogni costo di stare solo con se stesso e con le sue emozioni sino a non conoscersi più, dall'altro, F. è finito per confondere lo stare bene con il non stare male.


F. sopravvive per non stare male e crede che questa sia la vita. O che la vita necessiti di queste sostanze per essere vissuta: "altrimenti mi annoio".

Dunque, per F. l'esistenza è noia oppure tentativo di non stare male!


Non c'è posto per il dolore e non c'è, conseguentemente, spazio per la gioia pura.


Le giornate di F. trascorrono scandite dalla ricerca di una continua soddisfazione momentanea: allentare la tensione, diminuire un disagio di cui nemmeno s'intende l'origine o la natura. 

F. non sa cosa evita e non sa cosa vuole al di là di una dose. Non conosce la serenità, né la felicità; tantomeno intende la beatitudine o l'appagamento, la pace. 

E non conosce il dolore: cose, persone e situazioni sono tutt'al più "fastidiose".


Questa persona, come tante altre tra noi, ha finito per scambiare la felicità con il non essere infelice; ha barattato lo star bene con il non stare male.


Tutte le sue scelte di vita seguono questa logica (che io definisco delle scarpe strette: avete presente il sollievo che si prova a sera dopo essersi sfilati un 35 quando si calzerebbe comodamente un 39?): a parole può sostenere che la ragazza o gli amici che frequenta lo fanno star bene; anche il cibo di cui si nutre o l'alcol lo fanno star bene. Ma quando andiamo a definire questo "stare bene" viene fuori un "non stare male" che è ben altra cosa. 


Ogni persona, oggetto o attività nella vita di F. ricopre il ruolo di distrazione: alcune sono dosi o sostanze più eccitanti e quindi F. vi si affeziona (dipendenza) più rapidamente. Ma altrettanto in fretta se ne libererà nel momento in cui diverranno ordinarie, abituali e, quindi, non più distrazioni bensì pure queste istanze da cui distrarsi.


F. cerca instancabilmente (oh, in realtà è davvero molto stanco!) un antidoto al suo disagio esistenziale: un'emozione forte o una conquista; un inizio di relazione turbolenta o una partner molto problematica; una lite furibonda o un'abbuffata; una settimana di super lavoro o di super palestra.

Insomma: deve tenersi occupato!


 In solitudine proprio non può stare, non ne trova neppure il senso: pur di sfuggire alla propria verità interiore è pronto a litigare con chiunque abbia intorno per poi, l'indomani, dimenticare persino la causa del conflitto.


Tutto è una dose in questa vita in cui si preferisce una falsa gioia a una vera. 


Per innalzarsi sino al vero, F. dovrebbe discendere negli abissi del proprio dolore: accettare di sentirsi insignificante, inadeguato, non amato e non amabile, manipolatore, opportunista, egoista, avaro, viziato, ordinario, orgoglioso, e così via.

E, soprattutto, dovrebbe accettare di non avere il coraggio per restare senza dose, per vedersi e mostrarsi per ciò che teme di essere. Ancor di più, correre il rischio di non avere la forza o le capacità per migliorare se stesso e per amare.


F. ci insegna che il confronto con la propria Ombra può spaventare a tal punto da indurci a scegliere surrogati di felicità: "così non mi annoio; così non sto male!"


 Quando ormai si è divenuti talmente dipendenti dalla dose è difficile distinguere tra stare davvero bene con una persona o non aver modo di stare male in presenza dell'altro.


Un indicatore infallibile per rivelare a noi stessi se siamo dei dipendenti o meno lo dà la solitudine: riusciamo a stare bene da soli senza ricorrere a cibo, alcol, telefonino o altre attività?


#SiiReale

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