IL VERBO CHE ARMA, IL VERBO CHE AMA


La maggior parte delle persone parla ma non comunica. 


Nella gran parte degli scambi, comunicare nemmeno ci interessa: si parla per riempire il vuoto; per convenevoli; per non sembrare qualcosa (scortesi, antipatici) o per sembrare qualcosa o qualcuno. 

E’ una manipolazione sonora ma senza senso.


I nodi giungono al pettine quando si tratta di una relazione di coppia: ormai questo parlare senza tocco ci ha così preso la mano da impedirci di cercare ancora il potere salvifico della comunicazione. 


Saper comunicare, ovvero “mettere in comune” (che è ben diverso da saper parlare) implica innanzi tutto un saper ascoltare. 


Ma non solo. 


Avrete notato che troppo spesso si parla per: aver ragione, intimidire, minacciare, difendersi, disapprovare, ferire,  suscitare senso di colpa, sminuire, attaccare,  offendere, riversare il proprio veleno, confondere; per autocompiacenza, per seduzione, per intrattenimento, per ipnosi, etc.


Questa modalità di parlare è letteralmente vampiresca: ha il solo scopo di privare l’avversario (sì: l’avversario, perché è un verbo armato contro l’altro; è una battaglia, anche se quasi mai se ne è consapevoli) della propria energia.


La comunicazione efficace ha invece lo scopo di condividere la reciproca comprensione.


Quando si arma la parola (non quando si ama la parola) accade sovente che uno pronunci qualcosa e l’altro senta invece diversamente. 

Chi è avvezzo ad armare il verbo, fa lo stesso anche con il suo pensare: seppur ricevesse una comunicazione efficace tenderebbe a travisare.


La recriminazione più comune nelle coppie è : “vorrei che mi ascoltasse davvero. Ho la sensazione che non mi ami perché non mi dà mai veramente ascolto; di me non gli/le importa nulla”.


Notate l’interessante equazione “ascolto=amore”?


Cos’è che vi ricordate di un grande amore? “Lui/lei mi capiva”.


 Quando manca l’intenzione di comprendere l’altro  nelle sue ragioni e motivazioni più profonde, mancano i presupposti per la costruzione di un ponte su cui incontrarsi: la fiducia; mancano i pilastri di una relazione affettiva (e dico almeno “affettiva”; ancora niente a che fare con una relazione “d’amore”)!


Quando a uno dei due partner viene recriminata la mancanza di considerazione, questi solitamente si difende lamentando la miriade di cose che fa per dimostrare amore. 

Il punto è che tutte queste cose, che vengono indubbiamente fatte, portano l’impronta del risentimento: le si fanno proprio per dimostrare qualcosa che si ritiene non ancora, o non abbastanza, riconosciuta. 


Si hanno delle condotte apparentemente altruiste ma il cui scopo è quello di ottenere punteggio: portare l’auto al lavaggio: 4 punti d’amore; cucinare il piatto preferito: 6 punti d’amore; accompagnare o riprendere il partner in stazione: 3 punti d’amore; e così via.


Ciò che la comunicazione veicola sempre è l’intenzione: a prescindere dal contenuto.

Se l’intenzione non esplicitata, in un gesto o in una frase,  è una recriminazione: “tu non riconosci mai quello che faccio per te; mi dai per scontata”, ciò che arriverà sarà la recriminazione e il biasimo. 

Si può addirittura avere attenzioni per l’altro con il solo scopo di accusarlo di non fare altrettanto; di superarlo in misura: è una sfida, non una cura.


Gli errori più comuni nella comunicazione nascono dalla pretesa che l’altro sia come noi e che abiti per gran parte del suo tempo nella nostra testa. Quindi, si perde di vista la più grande ricchezza della comunicazione, nonché proprio ciò che rende la comunicazione necessaria, ovvero: la differenza.


“Io non mi sarei mai comportato così”! Tuona colui che pretende una relazione con il proprio clone!


Maggiore è la distanza e differenza tra due poli, più intensa sarà l’energia sprigionata: proprio come per una pila. Eppure, non appena sentiamo crescere la distanza tra noi e l’altro, tanto prima ci affrettiamo a tagliare corto, a rinunciare: non possiamo essere capiti e, quindi, parlare è inutile. 


Quando ci ritiriamo per questo motivo è perché stavamo soltanto elemosinando una moneta d’attenzione.


In verità, tanto più grande è la nostra capacità d’amare, tanto più differenti da noi saranno le persone che incontreremo e avvicineremo.


L’amore ha tra i suoi scopi, quello di armonizzare le differenze e le polarità complementari; ha come finalità quella di portarci oltre le abitudini a un’idea di noi stessi; oltre le differenze apparenti o mondane che distraggono; e mostrarci, invece, le uguaglianze essenziali con l’altro: l’amore porta con sé la comprensione e l’accettazione.


 L’amore è un veicolo che ci conduce a integrare ciò che in noi stessi non abbiamo ancora avuto occasione o coraggio di integrare, di accettare: nell’altro ritroviamo quelle parti di noi, talenti o difetti, che giudichiamo e stentiamo a riconoscere come propri.  


Il giudizio che abbiamo sui nostri pensieri e sentimenti ci induce, non solo a evitare una comunicazione diretta dei medesimi, ma anche a giudicare l’altro e sentirci giudicati. Da ciò, si può dedurre che la base di una comunicazione efficace e sincera è la propria accettazione: senza un adeguato lavoro su se stessi, l’eventuale partner sarà inevitabilmente ridotto a capro espiatorio proiettivo dell’odio che nutriamo verso noi stessi.


 Diversamente, la nostra autostima cresce di pari passo con la capacità di gestire (che non vuol dire “reprimere”) le nostre emozioni e  creare relazioni amorevoli.


Mentre il riconoscimento delle uguaglianze tra individui suscita empatia e compassione, le differenze attivano l’attrazione, l’interesse, l’entusiasmo. In realtà non sono le differenze a dividerci dal prossimo, bensì i giudizi negativi che formuliamo sugli aspetti apparentemente divergenti (o non integrati).


Un altro fattore di incomprensione nella comunicazione è la riluttanza ad assumersi le proprie responsabilità: “tu mi fai sentire …; mi costringi a pensare che…”; mi fai sembrare …”etc


Il vittimismo è una forma di deresponsabilizzazione acuta: la vittima rifiuta categoricamente di assumersi la responsabilità di ciò che pensa o sente. Allo stesso tempo il vittimismo è animato dall’intenzione di affondare nell’altro la lama del senso di colpa.



#SiiReale

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