La Terra di mezzo

 




Il mondo in cui ogni adulto vive è marchiato e macchiato da un estremo, grigio, soggettivismo.


Per la maggior parte delle persone questo dato è ancora inaccettabile: ovunque si combatte per avere ragione, ove “avere ragione” implica piegare gli altri al proprio personale universo.


Nulla è più indigesto per l’uomo del fatto di occupare una singola, separata, opinabile, temporanea, microscopica porzione di prospettiva sul reale e, per di più, raramente condivisibile.


L’individuo medio vive in una propria bolla di inconsapevolezza e credenze in cui inconscio e Super-io sono i contendenti dell’energia umana.


 Attraverso il meccanismo proiettivo, questa energia viene depauperata nel campo delle relazioni e del vissuto.


Conseguenzialmente, l’uomo trascorre il tempo dell’esistenza in un penoso stato di solitudine o isolamento caratterizzato da una inestimabile difficoltà di comunicazione con se stesso e con gli altri.


La perdita dell’oggettività è una tappa obbligata del percorso evolutivo. Il ritorno a casa non è, invece, per nulla scontato; si tratta piuttosto di libero arbitrio: a tutti è concesso di restare nell’identificazione con l’ignoranza.


Cosa vuol dire tornare a casa?


Dagli insegnamenti dei Sufi, passando per Gurdjieff e Almaas, sappiamo che alla nostra nascita abbiamo goduto di uno stato Essenziale in cui erano presenti tutte le qualità dell’Essenza.


 Gurdjieff chiamò “Essenza” la parte reale di noi, la parte che può avere l’esperienza dell’Io sono”. Definì l’essenza come la parte di noi che nasce con noi e non è il risultato dell’ambiente o dell’educazione.


Almass spiegava: “L’essenza non è solo l’unica parte di noi consapevole della propria esistenza: è ciò che esiste. Non è solo ciò che esiste, ma è l’esistenza stessa. Questa esistenza non è solo la vera natura dell’uomo, ma è la natura di tutto”.


Una delle qualità dell’Essenza è l’oggettività.

Di contro, la personalità è soggettiva.


Quando si recuperano le qualità essenziali, spiega Almaas, non si è più soggetti al filtro dell’inconscio, del Super-io o Giudice interiore: si vede ciò che è per ciò che è.


Questa visione oggettiva è assolutamente impossibile finché si è soggetti alle catene del falso sé.


Quando incarnavamo pienamente l’Essenza, alla nostra nascita, ci ha accolto un ambiente non in grado di fornire un adeguato rispecchiamento alle qualità Essenziali. Questa mancanza di risonanza ha fatto si che si creassero dei buchi (Teoria dei buchi, Almaas) nel nostro tessuto essenziale. 


Un bambino esprime, ad esempio, la gioia essenziale: è pieno di vita e di energia vitale; canta, urla, rumoreggia, lancia oggetti e ne ride con pienezza; gode illimitatamente della meraviglia del creato. E l’adulto che fa? Gli dà un telefonino in mano per poterlo calmare; lo azzittisce; gli dice di fare il bravo, di stare buono. Dunque, la gioia è cattiva!


“Quando Dorothy, che era un’orfana, andò a vivere nella fattoria, la zia Em rimase così colpita dalla risata spontanea della ragazzina da gridare e premersi la mano sul cuore ogni volta che l’allegra voce di Dorothy raggiungeva le sue orecchie. Anche adesso continuava a guardarla, sempre meravigliandosi che la ragazzina trovasse qualcosa per cui ridere. Lo zio Henry non rideva mai” (Il Mago di Oz,  L.F. Baum).


È così che la gioia essenziale viene meno, che si crea un buco. Lo stesso avviene per la forza essenziale, per l’amore essenziale, per la volontà essenziale, e così via. 


Per sopperire alla struggente mancanza e fare fronte al dolore della perdita dell’Essenza, il bambino sviluppa progressivamente un’imitazione delle qualità essenziali: la personalità o falso sé.


Quel falso sé è, rispetto alla nostra natura essenziale: grigio.


Grigio è il colore di Cenerentola.


“Dorothy […] poteva vedere soltanto la grande e grigia prateria, nient’altro […] il sole aveva bruciato la terra arata, facendola diventare una massa grigia e screpolata. Neppure l’erba era verde, perché il sole aveva bruciato le punte dei lunghi steli fino a renderli dello stesso colore grigio che si vedeva ovunque […] la casa era grigia e smorta […] la zia Em (aveva, ndr) guance e labbra, diventate grigie anch’esse. […] Lo zio Henry […] anche lui grigio.”(Il Mago di Oz,  L.F. Baum).


 La maggior parte degli individui è grigia e fa cose grigie; dice grigio e sente grigio.


 Ama grigio.


Ma non lo sa.


Sente ansia e le piace credere sia il conto in banca.

Sente tristezza e le piace credere siano le parole di un’amica.

Sente vuoto e le piace credere sia la routine casalinga.

Sente frustrazione e le piace credere sia il suo matrimonio noioso.

Sente rabbia e le piace credere siano gli atteggiamenti del suo dirigente.

Sente depressione e le piace credere sia la mancanza di un affetto.


 Ma no: è solo personalità.

È solo perdita della natura Essenziale.


Tornare a casa vuol dire riappropriarsi del nostro stato Essenziale con tutti i suoi colori.


L’Essenza non va mai perduta completamente: perdiamo la connessione con essa. Per lo più giace nell’inconscio ma è generosa di segnali e indicazioni per riportarci a casa.

L’Essenza, ciò che siamo realmente, la nostra verità, in qualche modo intrattiene una relazione, un dialogo, con il nostro falso sé, la personalità.

L’atto di entrare nel buco che si è creato nel tessuto dell’Essenza, permette a questa di riemergere e manifestarsi.

Desideri, bisogni, mancanze della personalità indicano proprio l’esistenza di buchi essenziali.

Ogni senso di mancanza che possiamo sperimentare, a prescindere dall’oggetto di cui soffriamo l’assenza è, in ultima analisi, la dolorosa percezione della sola verità che abbiamo perduto: le qualità essenziali di amore, apprezzamento, forza, volontà, chiarezza, piacere, accettazione.

“A causa di tale mancanza, ogni volta che si ha un rapporto con qualcuno (e più profondo è il rapporto, più questo accade) si cerca di riempire il buco con ciò che si crede, o si spera, di ricevere dall’altro: ci si apprezza perché l’altro ci apprezza, ma non si è consapevoli di riempire un buco con il suo apprezzamento; si crede di avere un valore reale, mentre invece l’inconscio sa che è l’altro ad avere il valore che ci manca .

Tutto ciò che l’altro ci dà è una parte di noi, una parte di quella pienezza che ci manca. La perdita dell’altro quindi non è semplicemente la perdita della persona amata, ma è la perdita di noi stessi, perché quella persona rappresenta una parte di noi: perdendo lei sentiamo di aver perso una parte di noi e quindi avvertiamo un buco.

Per questo la separazione è così dolorosa: si ha la sensazione che qualcosa sia stato strappato via dal corpo; la ferita e il dolore dipendono dalla perdita (Almaas. A.H., Il Cuore di Diamante, Crisalide, 1999, Spigno Saturnia LT).

Tornare a casa è un viaggio fantastico e meraviglioso che avviene in un mondo di mezzo: non è il regno celeste e non è quello sensibile della materia.

H. Corbin definiva questa dimensione altra Mundus Imaginalis. La visione immaginale è una moderna corrente psicologica, avviata in occidente da Jung e rielaborata dal suo allievo, Hillman, padre della psicologia archetipica che riteneva che il compito principale della psicologia fosse quello di “fare anima senza fare diagnosi”.

L’espressione “fare anima” è presa in prestito dal poeta John Keats che in una lettera al fratello scrive: “Chiamate, vi prego, il mondo la valle del fare anima. Allora scoprirete a che serve il mondo”.

L’approccio imaginale affonda le radici nel pensiero sciamanico, nelle tradizioni spirituali, nei rituali di passaggio, nelle danze estatiche, nella mitologia, negli archetipi, nelle fiabe.

Il primo a usare il termine “mundus imaginalis” fu Henry Corbin, uno tra i massimi orientalisti del Novecento. La parola “immaginazione” prende origine nel termine sufi “himma”, il cui significato tradotto è “il potere creatore del cuore”. L’immaginazione o, meglio, l’immaginale è il luogo di incontro della realtà esterna, concreta e tangibile, con la realtà interna.

In questa terza dimensione, tutto ciò che a noi è interno diviene esterno. Così come nel nostro mondo ordinario e sensibile, tutto ciò che appare esterno è in realtà interno.

È in questa terza dimensione che si fa alchimia psico spirituale o agricoltura celeste. E da qui che si può tornare a casa.

#SiiReale

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