QUANDO È UNA GIORNATA "NO": CHE FACCIO?
L: “Sono completamente bloccata, Sara. Non so che fare. Ho discusso con la mia migliore amica e la sto perdendo: ci stiamo perdendo.
Oggi è proprio una giornata “no” e non so che fare.
Non riesco a decidermi: sono paralizzata. Non riesco proprio a fare nulla: è incredibile! Mi sento una cretina ma perdo tempo a casa e in ufficio …non combino più nulla e mi sembra di non avere più neanche le forze per fare qualcosa.
Una parte di me vorrebbe chiamarla e dirle di lasciarci tutto alle spalle e ricominciare: la nostra amicizia è la cosa più preziosa che ho e non voglio perderla; non so proprio come potrei vivere senza di lei. Un’altra parte di me sa che non posso lasciare sempre correre: quello che mi ha fatto è imperdonabile e mi ha ferita come nessuno mai prima. Ti racconto cosa è accaduto…”
“No.”
L: “Come: “no”?”
“Non è importante. Ed è già passato. Piuttosto: cosa senti nel tuo corpo quando parli di ferita e di imperdonabile?”
L: “nel corpo?”
“Sì.”
L: “sento calore, una vampata …sul petto, un po’ lo stomaco e un po’ il torace: tutto qui.”
“ Che fa questo calore?”
L: “mi morde…non so come dire: è una morsa e mi morde (digrigna i denti)”
“e i tuoi denti cosa hanno fatto?”
L: “vogliono mordere”
“possiamo farlo? Possiamo mordere insieme?”
L: “mi vergogno”
“ok. Dove senti ora la vergogna?”
L: “in gola…è caldo come prima ma ho paura che arrivi al volto e divento tutta rossa”
“ora dov’è ?”
L: “solo in gola. È come se mi avessero piantato una mela in gola”
“l’hanno piantata?”
L:“no…viene su…cioè, sale dallo stomaco. Come un albero di mele che ho dentro ed è cresciuto e una mela si è bloccata in gola e mi stringe, non mi fa respirare…questa è la mia vergogna. E mi fa piangere essere così…”
“quindi l’albero è dentro di te. E come cresce?”
L: “cresce ogni volta che mi arrabbio”.
“cosa ha a che fare questo con la tua vergogna?”
L: “eh…(scoppia a piangere) non mi posso arrabbiare (singhiozza sempre più) non posso alzare la voce e non ho più voce perché mi vergogno e mi strozzo. La mia rabbia non è credibile: sono ridicola, sono ridicola, sono ridicola...
(inizia ad alzare la voce e piange più forte. Mi guarda come se si fosse resa conto di essere osservata. Decido di accompagnarla: inizio a ripetere “sono ridicola” in un crescendo di intensità. Lei mi viene dietro ma fino a un certo punto). Sono ridicola, sono ridicola…ma no! Sono incazzata nera: mi avete ferito e voglio urlarvelo in faccia. Mi avete ferita sempre e sono stanca di vergognarmi. Ve lo urlo: mi avete rotto il caxxo!!
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L. infine, riesce ad urlare, a esprimere la rabbia trattenuta per 32 anni. È credibile: valuta molto credibile la sua rabbia. Non la giudica e non si giudica più. Intraprendiamo lo stesso lavoro anche con l’altra posizione in cui vorrebbe lasciarsi tutto alle spalle pur di non perdere l’amica.
Non mi addentrerò qui sulle cause di questo blocco, né sulle istanze del suo Super-io che le inibivano di sentire ed esprimere rabbia. Né tratterò della vergogna come sistema di difesa o del bisogno simbiotico emerso.
Qui mi interessa ora trattare la lite con l’amica, o, meglio, ciò che rappresenta lite.
Il conflitto con l’amica è su un asse orizzontale, che va, poniamo, da Est a Ovest. Alle estremità vivono le celebri streghe cattive dell’Est e dell’Ovest: sopprimere (Est), aggredire (Ovest)*.
Su quest’asse non v’è nessuna reale soluzione.
Quest’asse è intrattenimento: qui le due streghe assoggettano sempre la nostra energia, ci dominano e, alla fine, ci paralizzano.
Sul piano orizzontale si gioca il teatro della vita: desiderio e paura; voglio e non voglio; potrei e dovrei; giusto e ingiusto; passato e futuro; attese e delusioni; attaccamenti e repulsioni; maschile e femminile; amore e odio; forte e debole; se c’è questo non ci può essere quest’altro; se è falso non può essere vero; e così via.
Tutta l’energia del nostro sistema è consumata dal conflitto tra le due posizioni e dal continuo oscillare tra una polarità all’altra.
A sostenere queste due posizioni intervengono l’inconscio (sopprimere) e il Super-io (aggredire), poco importa se reprimiamo o aggrediamo noi stessi o il mondo.
L’intrattenimento (per questo concetto vedasi il mio “La Stirpe delle anime guerriere” capitoli 2 e 3)** giocato dal conflitto con l’amica, fa di L. una spettatrice passiva: la incatena nell’immobilismo e in uno stato devitalizzato che esaurisce tutte le sue energie e risorse, confermandole ciò che crede di essere: ridicola e cretina.
Il conflitto con l’amica, è assolutamente strumentale (e nulla più): non è il problema, ma il campo in cui il problema prende forma, si manifesta.
La questione è tra le due streghe: Est e Ovest.
Chi ha creato le due streghe?
La stessa L.
Quando?
Da piccola.
Alla nostra nascita siamo nel pieno della nostra Essenza, la nostra reale natura e totale verità***.
L’ambiente, la personalità dei genitori, non è in grado di fornire adeguato rispecchiamento e contenimento all’Essenza e, inevitabilmente si verificano esperienze traumatiche.
Il bambino non è in grado di difendersi e ricorre a espedienti dissociativi.
A tal proposito Jung parla di modelli archetipici organizzati in diadi, che io ho chiamato Strega dell’Est e dell’Ovest.
L, la sua coscienza, è frantumata in queste due posizioni dell’asse orizzontale.
Di solito, una parte regredisce all’infanzia (“non so proprio come potrei vivere senza di lei”) e l’altra progredisce adattandosi al mondo esterno, realizzando un falso sé (“non posso lasciar correre: è imperdonabile”).
Ora, spostandoci sull’asse verticale delle Streghe buone del Nord e del Sud, si procede a un’osservazione partecipata di sé: non più l’intrattenimento devitalizzante, ma una visione viva (presente), attiva e creativa, scevra dal giudizio dell’Ovest o dal passato inconscio dell’Est.
L. trova la sua forza, la sua rabbia, il coraggio di esprimere ciò che sente, la compassione, il rispetto e l’amore per sé stessa.
Soprattutto, osservando dal Nord e incarnandole, vivendole nel Sud, L scopre di essere padrona di entrambe le energie, quella dell’Est e quella dell’Ovest: di non essere più divisa in se stessa.
L’intrattenimento si incentra sulle credenze: “non posso vivere senza di lei” e “non posso lasciar correre”. Sono due “non posso”, ovvero due limiti autoimposti che hanno svolto per oltre 30 anni una funzione auto curativa per L: l’hanno protetta dal rivivere le esperienze traumatiche delle ferite sull’Essenza.
Si perviene a un punto della nostra vita in cui questa funzione auto curativa non solo non è più utile, bensì dannosa: attacca noi stessi ancora con la scusa di proteggerci**** e, soprattutto, crea ripetutamente lo stesso copione.
Dopo aver lavorato su questo conflitto ed esplorato i 4 poli dei due assi, L realizza di aver vissuto questo “copione” numerosissime volte, nel corso della sua vita: sono le re-citazioni della ferita essenziale.
Quindi, perviene a una consapevolezza fondamentale:
“sono io che ho voluto essere ferita da tutti! È come se avessi detto al mondo intero che poteva entrare nella mia vita solo re-citando (trattino mio, ndr) il ruolo di colui che mi ferisce! In questo modo il mondo mi garantiva il mio personaggio: quella ferita e vergognosa. Ho creato 100 persecutori per restare la piccola L, per non crescere mai. E mi sembrava di vivere un maleficio: ecco perché le chiami Streghe! Era come se la mia vita fosse posseduta da una fattura o maledizione. Invece era la mia falsa identità”.
*Riferimento a “Il Meraviglioso Mago di Oz” di L.F. Baum, 1900.
**S.R. Ascoli “La stirpe delle anime guerriere”, Ed. AliRribelli 2020.
*** H. Almaas: “Essenza. Il Nucleo Divino nell’Uomo.” Ed. Crisalide 1999.
****D. Kalsched, “Il trauma e l’anima” Ed. Moretti e Vitali 2013.
#SiiReale

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