LA PERSONA CHE PORTAVO SULLE SPALLE
Stamane sono scesa dal mio letto elevato: dormo sempre in aria, da anni ormai.
Gradino per gradino ho allungato il corpo sulla scala che mi ha fatta atterrare.
Coi piedi al suolo ho catapultato via la-persona-che-portavo-sulle-spalle da 35 anni.
Che tonfo che ha fatto.
Mi sono voltata.
Non c’era nulla al pavimento.
E sulle vele di luce che fendevano la stanza aleggiava una fresca leggerezza.
La-persona-che-portavo-sulle-spalle non c’è più.
D’improvviso ho realizzato cosa fosse quel peso resistente che per anni ha “goffato” ogni mio intento, ha aspirato il mio turbo diesel, abbassato i fari, ossidato lo smalto, opacizzato i vetri. Una pesante eredità che ha tolto il fiato e spezzato tre costole.
La mia discendenza materna ha da sempre goduto di uno spiccatissimo talento economico. Qualsiasi cosa facessero le donne di famiglia era tradotta in moneta.
Della mia bisnonna non si ricorda nemmeno il nome: la chiamavano Regina. Almeno fin quando il marito non perse tutto al tavolo verde contro Vittorio De Sica.
Poco male.
La primogenita riuscì a mettere su un altro impero partendo da zero.
Così mia madre.
Inconsciamente questo ruolo mi è stato addossato: la psicogenealogia ne sa qualcosa!
E io ho preso la-persona-che-portavo-sulle-spalle e ho iniziato a camminare.
Dov’è la tinta drammatica?
La mia bisnonna aveva un sogno, mia nonna un obiettivo, mia madre una brama: monetizzare.
Ma questo non è mai stato il mio sogno.
Era solo la-persona-che-portavo-sulle-spalle!
Inconsapevolmente ho vissuto gli ultimi 35 anni alimentando un obiettivo che non appartiene al mio disegno di vita.
In qualche modo ero convinta di dover lavorare per guadagnare.
Per molti di voi questo sembra ovvio:
“certo, Sara. Bisogna lavorare per guadagnare!!!”.
Non per me.
Ho sempre lavorato perché ero chiamata a farlo. Rispondere a questa chiamata era il mio obiettivo, il mio mordente; ciò che infondeva un tale profumo alla vita da inebriarmi ogni respiro.
Ma quel respiro non poteva mai essere profondo e pieno poiché compresso da un peso che ne limitava l’espansione.
Quando la-persona-che-portavo-sulle-spalle è caduta ho esalato tutta l’assurdità di un fardello ereditato e mai discusso.
Realmente, non è mai stato mio l’obiettivo di lavorare per guadagnare; non legavo sogni e progetti al denaro.
Pure, per memorie cellulari, questo imperativo mi infiammava i nervi e densava il sangue.
Ero così chiamata a parcellizzare le energie dovendo operare su due fronti: mentre eseguivo il disegno che la vita mi ha assegnato, dovevo nutrire la-persona-che-portavo-sulle-spalle.
Quanta fatica!
Il tonfo invisibile ha rimbombato nella stanza più o meno così:
“ma dove sta scritto che devo lavorare per guadagnare?”.
E: “boom!”.
Inconsapevolmente ero stata la Penelope di un altro: tessevo e sfilavo.
Operavo per un sogno non mio cui non ho mai prestato fede ma a cui ho sacrificato energie.
Con una rinuncia di successione ho lanciato la-persona-che-portavo-sulle-spalle come una si tira una palla di neve: il mio cane è ancora lì che cerca una sfera bianca in un bianco ammantato!
C’è un condizionamento globale che educa a sottomettere progetti, sogni, obiettivi, desideri, missioni, professioni e vite al guadagno.
È così.
È scontato.
È il sottotesto.
È implicito.
È dovuto.
È la norma.
È la regola.
E per alcuni va bene. È il proprio disegno e impartirà loro gli apprendimenti da integrare.
Ma è il tuo?
Non il mio.
Nulla che non vada nel denaro. Nulla di sbagliato nel guadagnare. Non è questo il punto.
Non mi spiace pagare le bollette o fare la spesa.
Il focus è altrove.
Ognuno di noi ha disegni, direzioni, sogni e progetti che gli sono spiritualmente propri: per cui è tagliato, fatto su misura da un sarto eccelso.
Il disegno di vita è una mappa e un faro: traccia e illumina la via perché non ci si perda.
Non si può navigare seguendo due luci distanti come non si servono due padroni.
Ognuno di noi ha un compito che è duplice: restituire a Cesare ciò che è di Cesare ovvero rimettere i debiti ai propri debitori, ed entrare da Re nel Regno dei Cieli.
Non si entra nel Regno con ciò che è di Cesare!!!
Quanta eredità familiare/ sociale/culturale c’è nei tuoi obiettivi e nei tuoi sogni?
Qual è il Sacro obiettivo della tua vita?
Per chi lavori? Chi è il tuo capo?
Cosa deve accadere per poterti sentire davvero soddisfatto del tuo operato?
Se ancora senti la necessità di un riconoscimento alla tua vita, che sia in termini monetari o di popolarità; se ancora non ti basta soltanto servire il Sogno per essere felice, allora anche tu hai una-persona-sulle-spalle da buttare giù.
E forse, è per questo che ogni tanto ti senti stanco.
#SiiReale

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