DA QUALE POSIZIONE STAI AMANDO?
Molto spesso, le persone che accolgo nel mio studio, lamentano di essersi prodigate per altri, non solo senza incontrare riconoscenza bensì ricevendone in cambio una totale noncuranza.
Ebbene, questo è naturale: ovvero è un fenomeno di natura.
Pertanto, nulla vale accanirsi o avvelenare l'animo, se non per evidenziare a se stessi un'intenzione ben celata dietro la premura e il vagone di aspettative al seguito.
Ma al di là delle idee di noi stessi che vagano nel mondo in nostra vece e in cerca di conferme ("sono una persona: brava, altruista, leale, corretta, generosa, servizievole, onesta, affidabile, fedele, presente, etc), andiamo a scoprire qual è la spinta naturale per cui ogni condotta, prima o poi, incontra la sua massima distanza.
Il nostro piano di realtà ordinario poggia su polarità: maschile, femminile, bianco e nero, alto e basso, caldo e freddo, destra e sinistra, vita e morte, e così via.
Ciò che i più non intendono è che ogni qualità ha la sua polarità complementare: l'entusiasmo ha la noia, il bene ha il male.
Che vuol dire questo?
Immaginate che ogni stato (gioia, interesse, vendetta, etc) si trovi su un'onda di oscillazione ai cui due estremi si collocano le sue massime espressioni complementari.
Ad esempio: l'interesse troverà a un'estremità la passione e all'altra l'indifferenza.
Questo è un fenomeno del tutto naturale, che lo si percepisca o meno.
Questo pendolo non fa altro che oscillare continuamente, per cui, ciò che un tempo mi appassionava oggi mi è del tutto indifferente. O viceversa.
Ognuno di noi è chiamato a fare esperienza di tutte le polarità possibili e, idealmente, a ricongiungerle in uno stato di equilibrio.
Ma andiamo per gradi e occupiamoci, per ora, solo di sperimentare le polarità.
Nel mondo delle polarità (il nostro) ogni cosa deve svelare il suo contrario.
E così che l’altruismo incontrerà l’ingratitudine; la dedizione scoprirà il rifiuto.
Dobbiamo imparare a riconoscere noi stessi in tutte le polarità, o meglio, riconoscere tutte le polarità in noi stessi.
Per questo motivo ogni cosa trova, prima o poi, il suo contrario.
Un individuo adulto e sano sa vedere se stesso e l'altro, nella passione e nel vizio come nelle virtù.
Soltanto il bambino ha una visione monolitica: "papà è un supereroe e la mia è la mamma più buona al mondo".
Senza lo sviluppo di questo grado di consapevolezza, ovvero delle polarità complementari e della loro necessità, non possiamo apprendere ad amare.
Posso amare facilmente un amico fedele: ma posso continuare ad amarlo il giorno in cui mi tradirà?
Il punto è che ho etichettato, Mario, il mio amico, con la dicitura di "fedele" e, in base a questa, l'ho salvato in una posizione precisa della mia vita.
In questa posizione io so muovermi agilmente: qui so amare.
Tuttavia, Mario e la sua fedeltà dovranno oscillare e spostarsi sull'altra polarità, quella del tradimento: qui io non so muovermi; decisamente non è la mia zona di comfort.
Qui non so amare.
Ergo: non amo più Mario.
Se ci fermiamo un istante, a esplorare queste considerazioni in noi stessi (bene o male tutti abbiamo in memoria un'esperienza di tradimento) dobbiamo convenire su un fatto:
io non amavo Mario!
Io so amare chi (chiunque!) occupi la posizione di fedeltà.
Ovvero: mi piace stare ferma e comoda.
Mario è ben altro rispetto a una posizione: è un Universo e, come tale, deve accendere tutte le sue stelle!
Amare implica, tra le altre tantissime cose, sapermi muovere agilmente in ogni posizione d'amore per incontrare l'altro e, quindi, me stesso in qualità di Universo.
Ecco la necessità delle polarità complementari!
Ogni volta che l'altro mi offre ingratitudine, in realtà mi sta facendo dono della possibilità di amare.
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