LUSSURIA O ABBONDANZA?

 



Riconoscere se stessi significa smettere di proiettare su figure e circostanze esterne le istanze della propria Ombra che, invece, vengono riassorbite e assimilate.


Ogni volta che rifiutiamo un aspetto di noi e lo proiettiamo fuori, impediamo che quella parte di noi evolva e di fatto non accettiamo che il divino abiti anche gli spazi più angusti. 

Così facendo, localizziamo l'amore riducendolo a servitore delle nostre preferenze.


Proiettare qualità, funzionali o meno, è la diretta conseguenza del non conoscere se stessi.


Tra tutte le ripercussioni imputabili al fenomeno della proiezione (vedasi inattuabilità comunicative e relazionali) uno dei più gravi, a mio avviso, è l'impossibilità di ridestare o assorbire in noi le qualità dispensate dal divino, o dalla Vita.


I doni divini si liberano in noi solo quando viene meno l’oggetto materiale (proiezione) da cui li facciamo dipendere.


Siamo soliti attribuire poteri verticali alla scienza, a un farmaco o a una sostanza; a una persona oppure al passato; al nostro stato di salute o all'avvenenza; a un luogo o a una cifra sul conto; etc.


Questo atteggiamento per cui riteniamo che fenomeni esterni a noi possano determinare un effetto sul nostro stato o detenere un potere a noi estraneo, è detta lussuria.

Dunque la lussuria (il vizio di procurarmi sensazioni e stati attraverso un agente esterno a me) blocca questo principio dell’abbobdanza per il quale possiamo sintetizzare in noi ogni qualità o carattere.


Di contro, l'astinenza o digiuno (non solo da sostanze, alimenti o sessualità ) promossi da numerose discipline e intesi come ritiro dell'istinto di proiezione, si rivela come strumento non di privazione bensì di espansione del sé.


#SiiReale 

#counselingroma

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