Frustrazione Elettiva
La ricerca della felicità ha valore solo in quanto causa di frustrazione.
Non il conseguimento di un obiettivo bensì la frustrazione conseguente la sua mancata presa è ciò di cui abbiamo realmente bisogno.
La frustrazione è la grande maestra del sacro, dell’epifania divina, mentre il luogo del cangiante e illusorio susseguirsi di conquiste è il territorio del profano: qui l’anima non riposa ma fugge.
È dalla frustrazione, a Saturno cara, che consegue, infatti, l’impulso alla scoperta di sé.
Or bene, l’era super tecnologica in cui viviamo ha sepolto gran parte della frustrazione e, con essa, la nostra capacità di abitare il vuoto: il germe di tutte le cose.
Quest’era super produttiva tuttavia non sa generare frustrazione, o non vorrebbe.
Di fatto ogni uomo con un seme d’anima vive in benedetta frustrazione: “muoio poiché non muoio” arrivava a dire Santa Teresa d’Avila.
Non dobbiamo più attendere tempi di cottura, né di luce; persino le stagioni sono tutte compresenti e servite a saldo in vetrine a cristalli liquidi.
La laurea arriva in chat, l’amore in app e “voglio un pensiero superficiale che renda la pelle splendida*” è a portata di card.
H24, 7/7, 3x2, tutto e subito: sono le password di questo tempo. E chi non le possiede si crede un fallito.
Tempo.
E Saturno.
Abbiamo confuso il “vissero per sempre felici e contenti” con always available.
Il primo indica ciò che è realmente stabile e permane identico a se stesso nella sua incorruttibile essenza.
L’altro il divenire incessante che seduce il magma delle pulsioni instabili.
L’otium dei latini, scholé per i greci, contemplazione per mistici, è la frustrazione che oggi devi comperare: ha preso marchi di fabbrica come la mindfulness.
E se l’hai dimenticata allora è giusto che tu debba acquistarla: anche su glovo, così ti arriva prima.
La frustrazione saturnina è l’inverno dell’anima: è il gelo che la ricopre in attesa dell’auto realizzazione.
Saturno è il tempo mortifero che ci afferra per i fianchi e non molla la lugubre presa finché non si restituisce lui ciò che gli appartiene: ciò che è mortale.
La divinità, il pianeta o l’archetipo lo fa affinché ogni uomo diventi (ma non troppo in fretta) ciò che realmente è, ciò che è destinato ad essere.
Attraverso la frustrazione si realizza sull’uomo quel processo grazie al quale viene attuata la liberazione dagli involucri del falso sé: istinti, pulsioni, irretimenti, raffigurazioni mentali, credenze, condizionamenti, inconscio, sopravvivenza.
La frustrazione ci immette nell’atemporalità del mito che non conosce la maledizione del divenire: come neve che copre ogni cosa ci sottrae all’illusione del sensibile.
Ci riposa l’anima convertendo l’attenzione all’interno: lo fa severamente; la fa con la sua falce; lo fa tagliando via tutto ciò che non è necessario.
Un dio agisce nelle nostre vite e noi, ingrati blasfemi, la chiamiamo frustrazione!
Che miserabili che siamo.
Un dio ci strappa i piaceri mondani e ci ricaccia il volto nella propria, più intima, terra fredda e noi andiamo a svuotare la dispensa di alimenti precotti!
“Ambula ab intra”, cammina dentro te stesso, sospira ogni volta la frustrazione citando il motto del De Pharmaco Cattolico.
E così sussurrando la frustrazione verticalizza e apre alla “via interiore”: incide una fessura nella roccia, dischiude un antro tetro e oscuro, una caverna di morte, una via sacra.
Questa via sacra è rinchiusa enigmaticamente nel sigillo dell’alchimia ermetica V.I.T.R.I.O.L.: Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem, ovvero Visita l’interno della terra, operando con rettitudine troverai la pietra nascosta.
La frustrazione tesaurizzata è il varco per operare la trasmutazione della materia nello spirito.
Or dunque, si esaltino quanti patiscono le crudeli pene saturnine: a voi è dato ancora d’avere un’anima.
Cosa farne?
Un sole.
Come?
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