Smetti di cercarti nel mondo!
Non cercarti nel mondo! Non cercare conferme alla tua identità in ciò che accade o ciò che manca nella tua vita. Tu non sei quello che non viene pagato per il proprio lavoro o che viene tradito da ogni donna incontrata. Non cercare la tua identità in ciò che pensi. Tu non sei i tuoi pensieri: quelli appartengono alla mente. Tu non sei la mente: tu condividi una mente con molti altri. Se credi di essere i tuoi pensieri, soffrirai per quelli sgradevoli. Soffrirai per quelli altrui. Non cercarti nell’emotività: non sei nemmeno le tue emozioni, quelle appartengono al corpo. Tu non sei un corpo: tu hai un corpo! Se credi di essere le tue emozioni eviterai quelle dolorose o soffrirai enormemente credendo di ESSERE: disperato, abbandonato, ferito, etc... Non cercarti nemmeno in ciò che si continua a ripetere nella tua vita o ciò che persiste nell'assenza, che non riesci mai ad ottenere. Tu non sei nemmeno ciò che succede qui!
Il punto è proprio questo. Per chi lavora da tempo sulla propria mente ormai è semplice scovarne i tranelli. Riconosciamo la sua voce, sappiamo di non essere quei pensieri. Eppure c’è una trappola sublime in cui spesso ci troviamo ad essere: è ciò che accade, che ci succede, è il film della nostra vita. Sono le situazioni che avvengono. Da quelle sembra più difficile disidentificarsi.
Conosciamo tutti la storia della rana: infilata in un pentolone di acqua bollente salterebbe all’istante salvandosi la pelle. Ma se adagiata in una pentola la cui acqua a temperatura ambiente venisse lentamente, gradualmente riscaldata, finirebbe per essere cotta viva.
La rana non si accorge dei cambiamenti in atto…lei non ha la meditazione (direbbe un mio caro amico) e scarseggia in presenza e ricordo di sé.
Siamo in molti ad emulare la rana!
Una situazione, una circostanza della vita ci tira dentro lentamente e noi finiamo per abbassare la guardia. Ciò che accade ci lascia feriti, ci fa sentire abbandonati, scartati, traditi, etc…e nonostante il lavoro sulla mente e sulle reazioni corporee (emotività) alle illusorie formulazioni mentali, cadiamo vittime di dolore e sofferenza.
Dov’è la trappola? Sappiamo di non essere i nostri pensieri, né il nostro corpo…allora cosa ancora ci fa male?
Il punto è che Io non sono nemmeno ciò che accade, che sta accadendo. Questo è solo il film della mia vita. Ma non sono Io. Lo schema si ripete identico ogni volta e ogni volta ci fa soffrire.
Possiamo trascorrere anni a interrogarci ed analizzarci sui relativi imprinting infantili da cui ha avuto origine la situazione che ci fa patire.
Prendiamo ad esempio il rifiuto. Ci sentiamo rifiutati da una persona, dal mondo, dalla vita; non amati, non riconosciuti, non accettati, non valorizzati. Dal nostro spazio razionale comprendiamo l’illusorietà di tutto ciò, eppure continuiamo a sentire dolore, a produrre ed alimentare un corpo di dolore. E così i rifiuti nella nostra vita si susseguono con uno schema fisso, riproponendo ogni volta le medesime nauseanti sensazioni di non essere abbastanza, di non valere abbastanza. Ecco che ci accingiamo a cercare nel nostro passato: sarà il trauma della nascita? Sarà una madre evitante ed anaffettiva? Sarà l’abbandono di un padre?
Possiamo trascorrere anni in una simile analisi…e molti lo fanno. Continuando così a nutrire il loro corpo di dolore.
Non me ne voglia chi è in terapia psicanalitica o chi ne ha fatto una professione: personalmente non credo nell’utilità di questo percorso ai fini del raggiungimento di una salda Consapevolezza di sé, e ritengo gravoso il dispendio energetico a cui si sottopone il “paziente” estenuato in una diluizione temporale che non gli appartiene più. Ritengo la psicoterapia classica un buono strumento terapeutico nel Mondo delle cose. Ma è su un altro piano che desidero intrattenermi.
Perché collocarmi nel mio passato se io non sono più quell’Essere? E’ questa la chiave, a mio avviso. Io non sono ciò che è stato e non sono nemmeno ciò che sta accadendo.
Chi percorre la strada della Consapevolezza è avvezzo a due termini che costellano le sue giornate: Qui ed Ora. Ebbene, ciò che sta accadendo è una narrazione: il tempo vi scorre al suo interno. Il tempo appartiene all’ordine del Mondo delle cose, della materia. Impossibile restare nel qui ed ora in questo scorrere perpetuo. Il qui e l’ora dell’Infinito presente appartengono ad un’unica dimensione: quella dell’ESSERE (non dell’essendo, né dello stato, né del sarò). E’ lo spazio dell’anima, della sola cosa che si-amo realmente. Essere nel qui ed ora è, a mio parere, solo essere nell’Anima, riconoscersi come tali. Io non sono ciò che sta accadendo. Quello è il film della mia vita: io ne sono Testimone, dallo spazio dell'Anima. Se il film mi tira dentro, se mi identifico con uno dei suoi ruoli, è solo per la familiarità di quel ruolo con una mia subpersonalità passata. Ma ora io so di non essere quella cosa. Non sto dicendo di non esserlo più, poiché è passato. Non lo sono e basta.
Da questa prospettiva è più facile praticare il perdono.
Qualcuno ci sta pesantemente insultando, persino aggredendo. A chi stanno dicendo quelle parole? Su chi stanno alzando le mani? Quale dei miei spazi ne viene scosso? Ferita d’orgoglio, livido sul corpo, mancata accettazione della mia persona, mancato riconoscimento della mia personalità, eco delle mie ferite passate, identificazione con il ruolo di vittima innocente, etc. etc.
Non sono Io. Non sono Io ciò che sta accadendo. Non stanno ferendo me. Se Io sono in Amore, se io mi accorgo di Essere Amore, nulla che non sia sulla mia stessa frequenza può toccarmi. Posso dunque perdonare più facilmente.
Ciò che ci duole nel sentirci rifiutati, ad esempio, è l’identificazione con la situazione del rifiuto. L’abbiamo già vissuta, ognuno di noi ne ha esempi nella propria storia, e questo crea un attaccamento a quel ruolo di rifiutati. Ci identifichiamo con la situazione familiare appena vissuta. Ma chi è stato rifiutato? È la nostra mente? E’ il nostro corpo? E’ la nostra personalità, è l’ego?
Bene. Non sono Io. E’ giusto che tutte queste parti di me non vengano riconosciute, poiché è necessario che Io non le riconosca più come Me, come Io.
Tutte queste dimensioni appartengono al Mondo delle cose. Io sono Anima.
Ogni situazione del Mondo funge per noi come da specchio. Lo specchio riflette: e basta questa di riflessione! Non occorre indugiare oltremodo in razionalizzazioni sul come, perché, cosa sia accaduto. Lo specchio mostra un’immagine. Una cosa. Che non sono Io. Mostra che in quel frangente era la mente, il corpo, l’ego a vivere al mio posto. E devo solo lasciar andar via quella parte e tornare in Me. Lo specchio riflette e noi vediamo: e ciò che possiamo vedere dinanzi a noi è sempre il limite a cui siamo giunti. Ciò che vedo di me è ciò che posso superare.
Come? Respira: è solo un limite. Non sei Tu. Non c’è nulla da fare se non accorgersi di non essere una cosa.
E’ ugualmente un bene che il mondo mi rifiuti. Poiché io non appartengo al mondo. Quanto più mi accorgo di Essere un’Anima, quanto più sono Amore, tanto più tutto ciò che appartiene al Mondo delle cose mi caccerà come uno straniero. E ciò da cui vengo bandito è ciò che non occorre alla mia Anima, è quanto io non sono e di cui invece sono chiamato a liberarmi. La storia di Gesù ne è un esempio. Non poteva appartenere al Mondo delle Cose. Ed il Mondo l’ha rifiutato.
Sii grato ad ogni rifiuto. Poiché ti ricorda chi sei.
Il problema è proprio nel volere a tutti i costi restare legati a certe ferite con la scusa o l’intensione di guarirle. Non c’è nulla da guarire: io non sono quella ferita..
Certo è molto più facile identificarci con una nostra subpersonalità, con un ruolo, personaggio, limite. E’ più familiare. È un gioco che abbiamo giocato mille e più volte. E’ consueto. E per quanto doloroso sia, non spaventa, non disorienta quanto vederci in tutto il nostro splendore. Non è delle nostre limitate zone d’Ombra che abbiamo paura. Ma della nostra Luce. Poiché essa è bagliore sconfinato e perpetuo.
Soffriamo spesso inutilmente poiché una circostanza della vita non ci ha fatto sentire abbastanza "qualcosa", o perché la stessa situazione ci ha fatto pensare di essere troppo "qualcos'altro". Le cose appartengono al Mondo. Ma noi non siamo ciò che avviene nel Mondo: non è qui che troveremo APPROVAZIONE, SICUREZZA, PROTEZIONE, IDENTITA' E NEPPURE AMORE.
Smettiamo di appartenere al Mondo.
Il dolore che proviamo in una situazione difficile (relazioni, lavoro, famiglia, malattia, perdita, etc.) è un indicatore importante: ciò che fa male è solo ciò che siamo invitati a lasciar andare, ciò con cui dobbiamo rompere l’identificazione: la donna sfruttata (respira: tu non sei questo); l’uomo tradito (respira: tu non sei questo); la mente, il corpo, le personalità, l’ego (respira. Tu non sei questo).
Tu non hai un'Anima: tu Sei un'Anima. Smetti di cercare Amore: Tu Sei Amore. Donalo. Emanalo. Smetti di cercarti. Sei già qui. E sei un'Anima Radiante. Hai attraversato quello che chiamano tempo ... ne hai attraversati molti ... e non appartieni a nessuno di essi: neppure a questo. Ciò che può farti PENSARE di SENTIRTI ferito è ciò che avviene nella tua mente e nel tuo corpo. Tu ed Io non apparteniamo a questo mondo.
Noi Si ♥ Amo Amore.
"TUTTO QUELLO CHE SI PIANGE NON E’ AMORE" dice un verso del brano Euridice di Roberto Vecchioni .
L’Amore è una dimensione dell’Anima. Ciò che sente dolore è la mente, il corpo; sono le nostre identificazioni, i nostri attaccamenti che lasciano lividi e sanguinano. E' il nostro passato, ma non siamo fatti di tempo: non siamo i bimbi feriti che crediamo di essere. Ciò che ci tocca, lo fa solo per segnalarci la zavorra da abbandonare. Fa male solo ciò che siamo chiamati a lasciar andare. L'Anima può essere toccata solo dall'Amore. E l'Amore non fa mai male.
Sii Reale
Sara Ascoli
Contattami al 3387503217
Il punto è proprio questo. Per chi lavora da tempo sulla propria mente ormai è semplice scovarne i tranelli. Riconosciamo la sua voce, sappiamo di non essere quei pensieri. Eppure c’è una trappola sublime in cui spesso ci troviamo ad essere: è ciò che accade, che ci succede, è il film della nostra vita. Sono le situazioni che avvengono. Da quelle sembra più difficile disidentificarsi.
Conosciamo tutti la storia della rana: infilata in un pentolone di acqua bollente salterebbe all’istante salvandosi la pelle. Ma se adagiata in una pentola la cui acqua a temperatura ambiente venisse lentamente, gradualmente riscaldata, finirebbe per essere cotta viva.
La rana non si accorge dei cambiamenti in atto…lei non ha la meditazione (direbbe un mio caro amico) e scarseggia in presenza e ricordo di sé.
Siamo in molti ad emulare la rana!
Una situazione, una circostanza della vita ci tira dentro lentamente e noi finiamo per abbassare la guardia. Ciò che accade ci lascia feriti, ci fa sentire abbandonati, scartati, traditi, etc…e nonostante il lavoro sulla mente e sulle reazioni corporee (emotività) alle illusorie formulazioni mentali, cadiamo vittime di dolore e sofferenza.
Dov’è la trappola? Sappiamo di non essere i nostri pensieri, né il nostro corpo…allora cosa ancora ci fa male?
Il punto è che Io non sono nemmeno ciò che accade, che sta accadendo. Questo è solo il film della mia vita. Ma non sono Io. Lo schema si ripete identico ogni volta e ogni volta ci fa soffrire.
Possiamo trascorrere anni a interrogarci ed analizzarci sui relativi imprinting infantili da cui ha avuto origine la situazione che ci fa patire.
Prendiamo ad esempio il rifiuto. Ci sentiamo rifiutati da una persona, dal mondo, dalla vita; non amati, non riconosciuti, non accettati, non valorizzati. Dal nostro spazio razionale comprendiamo l’illusorietà di tutto ciò, eppure continuiamo a sentire dolore, a produrre ed alimentare un corpo di dolore. E così i rifiuti nella nostra vita si susseguono con uno schema fisso, riproponendo ogni volta le medesime nauseanti sensazioni di non essere abbastanza, di non valere abbastanza. Ecco che ci accingiamo a cercare nel nostro passato: sarà il trauma della nascita? Sarà una madre evitante ed anaffettiva? Sarà l’abbandono di un padre?
Possiamo trascorrere anni in una simile analisi…e molti lo fanno. Continuando così a nutrire il loro corpo di dolore.
Non me ne voglia chi è in terapia psicanalitica o chi ne ha fatto una professione: personalmente non credo nell’utilità di questo percorso ai fini del raggiungimento di una salda Consapevolezza di sé, e ritengo gravoso il dispendio energetico a cui si sottopone il “paziente” estenuato in una diluizione temporale che non gli appartiene più. Ritengo la psicoterapia classica un buono strumento terapeutico nel Mondo delle cose. Ma è su un altro piano che desidero intrattenermi.
Perché collocarmi nel mio passato se io non sono più quell’Essere? E’ questa la chiave, a mio avviso. Io non sono ciò che è stato e non sono nemmeno ciò che sta accadendo.
Chi percorre la strada della Consapevolezza è avvezzo a due termini che costellano le sue giornate: Qui ed Ora. Ebbene, ciò che sta accadendo è una narrazione: il tempo vi scorre al suo interno. Il tempo appartiene all’ordine del Mondo delle cose, della materia. Impossibile restare nel qui ed ora in questo scorrere perpetuo. Il qui e l’ora dell’Infinito presente appartengono ad un’unica dimensione: quella dell’ESSERE (non dell’essendo, né dello stato, né del sarò). E’ lo spazio dell’anima, della sola cosa che si-amo realmente. Essere nel qui ed ora è, a mio parere, solo essere nell’Anima, riconoscersi come tali. Io non sono ciò che sta accadendo. Quello è il film della mia vita: io ne sono Testimone, dallo spazio dell'Anima. Se il film mi tira dentro, se mi identifico con uno dei suoi ruoli, è solo per la familiarità di quel ruolo con una mia subpersonalità passata. Ma ora io so di non essere quella cosa. Non sto dicendo di non esserlo più, poiché è passato. Non lo sono e basta.
Da questa prospettiva è più facile praticare il perdono.
Qualcuno ci sta pesantemente insultando, persino aggredendo. A chi stanno dicendo quelle parole? Su chi stanno alzando le mani? Quale dei miei spazi ne viene scosso? Ferita d’orgoglio, livido sul corpo, mancata accettazione della mia persona, mancato riconoscimento della mia personalità, eco delle mie ferite passate, identificazione con il ruolo di vittima innocente, etc. etc.
Non sono Io. Non sono Io ciò che sta accadendo. Non stanno ferendo me. Se Io sono in Amore, se io mi accorgo di Essere Amore, nulla che non sia sulla mia stessa frequenza può toccarmi. Posso dunque perdonare più facilmente.
Ciò che ci duole nel sentirci rifiutati, ad esempio, è l’identificazione con la situazione del rifiuto. L’abbiamo già vissuta, ognuno di noi ne ha esempi nella propria storia, e questo crea un attaccamento a quel ruolo di rifiutati. Ci identifichiamo con la situazione familiare appena vissuta. Ma chi è stato rifiutato? È la nostra mente? E’ il nostro corpo? E’ la nostra personalità, è l’ego?
Bene. Non sono Io. E’ giusto che tutte queste parti di me non vengano riconosciute, poiché è necessario che Io non le riconosca più come Me, come Io.
Tutte queste dimensioni appartengono al Mondo delle cose. Io sono Anima.
Ogni situazione del Mondo funge per noi come da specchio. Lo specchio riflette: e basta questa di riflessione! Non occorre indugiare oltremodo in razionalizzazioni sul come, perché, cosa sia accaduto. Lo specchio mostra un’immagine. Una cosa. Che non sono Io. Mostra che in quel frangente era la mente, il corpo, l’ego a vivere al mio posto. E devo solo lasciar andar via quella parte e tornare in Me. Lo specchio riflette e noi vediamo: e ciò che possiamo vedere dinanzi a noi è sempre il limite a cui siamo giunti. Ciò che vedo di me è ciò che posso superare.
Come? Respira: è solo un limite. Non sei Tu. Non c’è nulla da fare se non accorgersi di non essere una cosa.
E’ ugualmente un bene che il mondo mi rifiuti. Poiché io non appartengo al mondo. Quanto più mi accorgo di Essere un’Anima, quanto più sono Amore, tanto più tutto ciò che appartiene al Mondo delle cose mi caccerà come uno straniero. E ciò da cui vengo bandito è ciò che non occorre alla mia Anima, è quanto io non sono e di cui invece sono chiamato a liberarmi. La storia di Gesù ne è un esempio. Non poteva appartenere al Mondo delle Cose. Ed il Mondo l’ha rifiutato.
Sii grato ad ogni rifiuto. Poiché ti ricorda chi sei.
Il problema è proprio nel volere a tutti i costi restare legati a certe ferite con la scusa o l’intensione di guarirle. Non c’è nulla da guarire: io non sono quella ferita..
Certo è molto più facile identificarci con una nostra subpersonalità, con un ruolo, personaggio, limite. E’ più familiare. È un gioco che abbiamo giocato mille e più volte. E’ consueto. E per quanto doloroso sia, non spaventa, non disorienta quanto vederci in tutto il nostro splendore. Non è delle nostre limitate zone d’Ombra che abbiamo paura. Ma della nostra Luce. Poiché essa è bagliore sconfinato e perpetuo.
Soffriamo spesso inutilmente poiché una circostanza della vita non ci ha fatto sentire abbastanza "qualcosa", o perché la stessa situazione ci ha fatto pensare di essere troppo "qualcos'altro". Le cose appartengono al Mondo. Ma noi non siamo ciò che avviene nel Mondo: non è qui che troveremo APPROVAZIONE, SICUREZZA, PROTEZIONE, IDENTITA' E NEPPURE AMORE.
Smettiamo di appartenere al Mondo.
Il dolore che proviamo in una situazione difficile (relazioni, lavoro, famiglia, malattia, perdita, etc.) è un indicatore importante: ciò che fa male è solo ciò che siamo invitati a lasciar andare, ciò con cui dobbiamo rompere l’identificazione: la donna sfruttata (respira: tu non sei questo); l’uomo tradito (respira: tu non sei questo); la mente, il corpo, le personalità, l’ego (respira. Tu non sei questo).
Tu non hai un'Anima: tu Sei un'Anima. Smetti di cercare Amore: Tu Sei Amore. Donalo. Emanalo. Smetti di cercarti. Sei già qui. E sei un'Anima Radiante. Hai attraversato quello che chiamano tempo ... ne hai attraversati molti ... e non appartieni a nessuno di essi: neppure a questo. Ciò che può farti PENSARE di SENTIRTI ferito è ciò che avviene nella tua mente e nel tuo corpo. Tu ed Io non apparteniamo a questo mondo.
Noi Si ♥ Amo Amore.
"TUTTO QUELLO CHE SI PIANGE NON E’ AMORE" dice un verso del brano Euridice di Roberto Vecchioni .
L’Amore è una dimensione dell’Anima. Ciò che sente dolore è la mente, il corpo; sono le nostre identificazioni, i nostri attaccamenti che lasciano lividi e sanguinano. E' il nostro passato, ma non siamo fatti di tempo: non siamo i bimbi feriti che crediamo di essere. Ciò che ci tocca, lo fa solo per segnalarci la zavorra da abbandonare. Fa male solo ciò che siamo chiamati a lasciar andare. L'Anima può essere toccata solo dall'Amore. E l'Amore non fa mai male.
Sii Reale
Sara Ascoli
Contattami al 3387503217



.....bellisimo blog .....merita di essere maggiormente conociuto.....<3 grazie <3
RispondiEliminaLuce Colorata, grazie di cuore. Sono commossa ed onorata dal tuo commento. Grazie ancora <3
RispondiEliminaVa diffuso...ciò risanerebbe tutti perché se siamo veramente Anima_Amore il dolore non ci appartiene..dobbiamo solo riconoscere che siamo così perché lo siamo sempre stati....perché lo saremo sempre..basta non continuare ad identificarci con la mente..ego ..corpo e i loro errori...:))
RispondiEliminaNe sono fermamente convinta. E' ciò che sento. E faccio del mio meglio per diffondere quanto può, o almeno mi auguro possa, riaccendere gli animi ricordando a tutti ciò che Si-Amo.
RispondiEliminaGrazie di Essere.