IL COMFORT DELL'ILLUSIONE

 

Ieri ho visto questo cartello affisso sulla vetrina di un bar in cui mi recavo con un caro amico.

Abbiamo riso molto a vederlo.


Oggi rivedo le foto e sorge in me una riflessione che ho piacere a condividere con voi.


Ognuno, almeno una volta nella vita, si è trovato di fronte a questo cartello.

Pochi si sono accorti che era affisso sulla parete interna della porta che chiude la propria abitazione.

Era dentro. Come lo eravamo noi in quel momento.

Eravamo (o siamo) chiusi nelle nostre stanze e chiediamo il permesso di uscire: che ci aprano o ci liberino.

Abitiamo una vita che al momento non apprezziamo (o non sappiamo apprezzare) così come si abita un appartamento non gradito.

Prigionieri di eventi o, peggio, di stati d'animo e sensazioni oppure, peggio del peggio, siamo prigionieri dell'ignoto!

Vorremmo uscire per magia da tutto questo e viviamo in attesa (in attesa‼️) che qualcuno ci liberi.

"Inutile bussare qui non vi aprirà nessuno".

Anni fa ebbi un sogno: ero sola in un'isola deserta in cui c'era un negozio di gioielli e manufatti artigianali. Entrai curiosa e affascinata da tanta bellezza e volevo comperare qualcosa. Non c'era un commesso e io mi trovai a vagare per tutto il sogno con un meraviglioso braccialetto in mano che non potevo acquistare.

Qual è il senso❓

Se l'isola è deserta e ci sono solo io, a chi appartiene la bellezza di quel negozio artigianale (artigianale: ove tutto è fatto con le proprie mani)❓

A me. Ovviamente.

È la mia vita, la mia bellezza e le mie creazioni. È il mio spazio tempo. È mia responsabilità. Io faccio i prezzi e do valore. Io acquisto e io vengo pagata.

La vita che abitiamo in ogni istante è la nostra casa o isola deserta. Possiamo sentirci ospiti o re. Possiamo percepirci in gabbia o preparare  le stanze al meglio per accogliere gli amici (a volte sono persone; a volte sono emozioni o conoscenze, consapevolezze, intuizioni).

Siamo noi la casa. 

Nessuno verrà a liberarci dalla prigione che abbiamo eretto: abitudini, paure, attaccamenti, rimozioni, ombre, rassegnazioni, idee.

Idee, soprattutto.

Abbiamo le chiavi di quella serratura: le abbiamo forgiate artigianalmente. 

E abbiamo forza per aprirla. O, quanto meno, abbiamo la capacità di chiedere aiuto ma non di essere sostituiti da qualcun'altro che agisca in nostra vece.

Da quella porta dobbiamo uscire da soli: soltanto a quel punto possiamo andare in cerca di un aiuto specifico relativo a un'esigenza specifica che abbiamo scoperto di avere.

Se ancora non si abbia coscienza della specifica esigenza e coraggio per mettersi alla ricerca dell'aiuto necessario, è preferibile abitare ancora quella casa, quello stato emotivo o circostanza. E farlo con attenzione.


Iniziare a chiedersi: ✅cosa posso cambiare qui? 

✅E cosa vorrei tanto trasformare o eliminare pur rendendomi conto che mi mancano attrezzi e materiali?

✅sono pronto a uscire nel mondo per cercare e costruire una relazione di aiuto (con una persona, un amico, un partner o un professionista)?

✅Sono davvero pronto a ricevere aiuto per liberarmi da tutto questo?

✅Sono consapevole che una volta libero non avrò più scuse per lamentarmi?


Prima di attivare la modalità di lamentela generica, dunque, è bene attraversare questi tre ponti:

⭕Attivarmi responsabilmente per cambiare tutto ciò che posso cambiare fuori e dentro me.

⭕Portare l'attenzione su cosa, ancora, necessita di trasformazione: devo essere molto preciso e dettagliato su questo. La vaghezza è un autosabotaggio:  sempre.

⭕Attivarmi nella ricerca consapevole di un aiuto: sono armato di una domanda precisa. E sono responsabile della domanda.


...ora apri quella porta....


#SiiReale

Commenti

  1. Grazie! Rovesciare punti di vista fa proprio bene. Ora resta da capire dove sta la porta....

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    1. L'entrata è l'uscita è l'uscita è l'entrata. Si esce addentrandosi ...

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